2 L – 282 pag. 370

Seneca, De vitaa beata, XII, 3-5

(L’ora di versione – 282 pag. 370)

3. Desinant ergo inconuenientia iungere et uirtuti uoluptatem inplicare, per quod uitium pessimis quibusque adulantur.

Smettano dunque di unire cose discordanti e di intrecciare il piacere alla virtù, vizio attraverso il quale lusingano tutti i migliori.

Ille effusus in uoluptates, ructabundus semper atque ebrius, quia scit se cum uoluptate uiuere, credit et cum uirtute

Quello che si lascia andare totalmente ai piaceri, che rutta in continuazione in preda al vino, siccome sa che vive con piacere, crede anche di vivere con virtù 

(audit enim uoluptatem separari a uirtute non posse); deinde uitiis suis sapientiam inscribit et abscondenda profitetur.

(sente dire infatti che il piacere non può essere separato dalla virtù); poi incide sui suoi vizi il nome di sapienza e professa cose che dovrebbero essere nascoste.

4. Itaque non ab Epicuro inpulsi luxuriantur, sed uitiis dediti luxuriam suam in philosophiae sinu abscondunt et eo concurrunt ubi audiant laudari uoluptatem.

E così si abbandonano ai piaceri non spinti da Epicuro, ma dediti ai vizi nascondono nel grembo della filosofia la propria mollezza e corrono là dove sentono dire che il piacere è elogiato.

Nec aestimant uoluptas illa Epicuri — ita enim mehercules sentio - quam sobria ac sicca sit, sed ad nomen ipsum aduolant quaerentes libidinibus suis patrocinium aliquod ac uelamentum.

E non considerano quanto quel piacere di Epicuro – così infatti, per Ercole, io penso – si sobrio e asciutto, però si precipitano verso il nome in sé cercando una qualche giustificazione e copertura per le propie brame.

5. Itaque quod unum habebant in malis bonum perdunt, peccandi uerecundiam; laudant enim ea quibus erubescebant et uitio gloriantur; ideoque ne resurgere quidem licet, cum honestus turpi desidiae titulus accessit. Hoc est cur ista uoluptatis laudatio perniciosa sit, quia honesta praecepta intra latent, quod corrumpit apparet.

E così perdono l’unico bene che avevano nei mali, la vergogna di sbagliare, lodano infatti le cose per le quali arrossivano e si vantano del vizio; e perciò non è possibile nemeno risorgere, una volta che alla turpe ignavia si è sovrapposto un titolo onorevole. Questa la ragione per cui l’elogio del piacere è rovinoso, perché gli insegnamenti onesti rimangono nascosti dentro, ciò che corrompe è evidente. 

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