Platone, Fedone, 60d-61a-b
ἦν γὰρ δὴ ἄττα τοιάδε· πολλάκις μοι φοιτῶν τὸ αὐτὸ ἐνύπνιον ἐν τῷ παρελθόντι βίῳ, ἄλλοτ' ἐν ἄλλῃ ὄψει φαινόμενον, τὰ αὐτὰ δὲ λέγον,
Tali dunque erano le cose: spesso ripresentandosi a me il medesimo sogno nella vita di prima, che si mostrava una volta in una forma un’altra volta in un’altra forma, che diceva le medesime cose,
"Ὦ Σώκρατες," ἔφη, "μουσικὴν ποίει καὶ ἐργάζου." καὶ ἐγὼ ἔν γε τῷ πρόσθεν χρόνῳ ὅπερ ἔπραττον τοῦτο ὑπελάμβανον αὐτό μοι παρακελεύεσθαί τε [61] [a] καὶ ἐπικελεύειν,
«Socrate», diceva, «componi un’opera poetica ed eseguila!». Ed io nel tempo passato pensavo che mi incoraggiasse a intraprendere e continuare la medesima cosa che stavo facendo,
ὥσπερ οἱ τοῖς θέουσι διακελευόμενοι, καὶ ἐμοὶ οὕτω τὸ ἐνύπνιον ὅπερ ἔπραττον τοῦτο ἐπικελεύειν, μουσικὴν ποιεῖν, ὡς φιλοσοφίας μὲν οὔσης μεγίστης μουσικῆς, ἐμοῦ δὲ τοῦτο πράττοντος.
che, come coloro che incitano i corridori, così mi incitasse il sogno a questo che stavo facendo, comporre un’opera poetica, in quanto la filosofia è la più grande opera poetica, ed io la stavo praticando.
νῦν δ' ἐπειδὴ ἥ τε δίκη ἐγένετο καὶ ἡ τοῦ θεοῦ ἑορτὴ διεκώλυέ με ἀποθνῄσκειν, ἔδοξε χρῆναι, εἰ ἄρα πολλάκις μοι προστάττοι τὸ ἐνύπνιον ταύτην τὴν δημώδη μουσικὴν ποιεῖν, μὴ ἀπειθῆσαι αὐτῷ ἀλλὰ ποιεῖν·
Ora però, dopo che c’è stato il processo e la festa del dio mi impediva di morire, mi parve che fosse necessario, se davvero il sogno mi ordinava spesso di comporre questa opera poetica popolare, non disobbedirgli ma comporre;
ἀσφαλέστερον γὰρ εἶναι μὴ ἀπιέναι πρὶν ἀφοσιώσασθαι [b] ποιήσαντα ποιήματα [καὶ] πιθόμενον τῷ ἐνυπνίῳ.
infatti la cosa più sicura è non andarsene prima di essermi tolto lo scrupolo componendo poesie e obbedendo al sogno.
Così commenta Nietzsche questo brano nel cap. 14 della Nascita della tragedia:
“Tuttavia quella profonda esperienza di vita di Socrate stesso ci costringe a domandarci se fra il socratismo e l’arte sussista necessariamente solo un rapporto antitetico e se la nascita di un «Socrate artistico» sia in genere qualcosa in sé contraddittorio… Quel logico dispotico ebbe cioè talvolta di fronte all’arte il senso di una lacuna… Molto spesso gli veniva in sogno, come racconta in carcere ai suoi amici, sempre una stessa apparizione, che diceva sempre la stessa cosa: «Socrate, datti alla musica!»… Quelle parole dell’apparizione di sogno socratica sono l’unico segno di una perplessità sui limiti della natura logica… Forse esiste un regno della sapienza da cui il logico è bandito? Forse l’arte è addirittura un correlativo e supplemento necessario della scienza?”.
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