3 I – Compito di latino 3 febbraio

 

Il rapporto tra eloquenza e sapienza

In questo brano l’autore affronta il tema di quale debba essere il rapporto tra eloquenza e sapienza, tra capacità oratorie e morale.


Saepe et multum hoc mecum cogitavi, bonine an mali plus attulerit hominibus et civitatibus copia dicendi ac summum eloquentiae studium.

«Spesso e molto  ho riflettuto tra me e me su questo, se il talento nel parlare e il sommo studio dell’eloquenza abbiano apportato agli uomini e alle città più bene o più male».


Nam cum et nostrae rei publicae detrimenta considero et maximarum civitatum veteres animo calamitates colligo,

Infatti quando considero i danni della nostra repubblica e passo in rassegna mentalmente le antiche sventure delle più grandi città,

non minimam video per disertissimos homines invectam partem incommodorum;

vedo che una parte non piccolissima di inconvenienti è stata introdotta mediante uomini abilissimi nella parola,

cum autem res ab nostra memoria propter vetustatem remotas ex litterarum monumentis repetere instituo,

quando invece mi decido a richiamare dai monumenti letterari le vicende rimosse dalla nostra memoria a causa dell’antichità,

multas urbes constitutas, plurima bella restincta, firmissimas societates, sanctissimas amicitias intellego cum animi ratione tum facilius eloquentia comparatas.

capisco che molte città sono state fondate, parecchie guerre spente, saldissime alleanze e santissime amicizie procurate sì grazie alla facoltà razionale dell’animo ma più facilmente grazie all’eloquenza.

Ac me quidem diu cogitantem ratio ipsa in hanc potissimum sententiam ducit, ut existimem sapientiam sine eloquentia parum prodesse civitatibus,

E certamente la ragione stessa mi conduce nel mio lungo riflettere a questo pensiero, a ritenere cioè che la sapienza senza l’eloquenza giova poco alle città,

eloquentiam vero sine sapientia nimium obesse plerumque, prodesse numquam.

mentre l’eloquenza senza la sapienza il più delle volte danneggia troppo, giammai giova.


Quare si quis omissis rectissimis atque honestissimis studiis rationis et officii consumit omnem operam in exercitatione dicendi, is inutilis sibi, perniciosus patriae civis alitur; qui vero ita sese armat eloquentia, ut non oppugnare commoda patriae, sed pro his propugnare possit, is mihi vir et suis et publicis rationibus utilissimus atque amicissimus civis fore videtur.

«Perciò, se qualcuno, messe da parte le più rette e onorevoli applicazioni della ragione e dei doveri impiega tutto l’impegno nell’esercitarsi a parlare, egli, inutile a se stesso, è nutrito come cittadino funesto per la patria; invece colui che arma se stesso di eloquenza così da poter non combattere contro i vantaggi della patria, ma in difesa di questi, egli mi sembra che sia destinato ad essere un uomo utilissimo agli interessi propri e a quelli pubblici e un cittadino devotissimo».


Cicerone



  • Dopo aver tradotto il brano spiega in che rapporto stanno i due termini della riflessione, facendo confronti con altri testi a te noti.

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