2 L – compito 12 aprile – Cicerone, De Officiis, I, 110-112

 

Sic enim est faciendum, ut contra universam naturam nihil contendamus, eā tamen conservatā propriam nostram sequamur,

Bisogna fare in modo di non aspirare a nulla contro la natura universale, di seguire tuttavia, rispettata quella, la nostra individuale,

ut etiamsi sint alia graviora atque meliora, tamen nos studia nostra nostrae naturae regulā metiamur;

affinché, nonostante altre inclinazioni siano più serie e migliori, tuttavia noi misuriamo le nostre secondo la regola della nostra natura;

neque enim attinet naturae repugnare nec quicquam sequi, quod assequi non queas. 

e infatti  non è il caso di lottare contro la natura  né di seguire qualcosa che non puoi raggiungere.

Ex quo magis emergit quale sit decorum illud, ideo quia nihil decet invitā Minervā, ut aiunt, id est adversante et repugnante natura.

Da ciò emerge di più quale sia quel decoro, proprio perché niente è appropriato se Minerva non vuole, come dicono, cioè se la natura è ostile e lotta contro.

Omnino si quicquam est decorum, nihil est profecto magis quam aequabilitas cum universae vitae, tum singularum actionum,

In tutti i modi se il decoro è qualcosa (oppure: c’è un qualche decoro), non è certamente niente più che l’equilibrio ora della vita nel complesso ora delle singole azioni,

quam conservare non possis, si aliorum naturam imitans, omittas tuam.

equilibrio che non puoi mantenere, se imitando la natura degli altri, rinunci alla tua.

Ut enim sermone eo debemus uti, qui innatus est nobis, ne, ut quidam, Graeca verba inculcantes iure optimo rideamur,

Come infatti dobbiamo usare quella lingua che è a noi connaturata, per non essere giustissimamente derisi, come succede ad alcuni, se inseriamo parole greche,

sic in actiones omnemque vitam nullam discrepantiam conferre debemus.

così nelle azione e in tutta la vita non dobbiamo introdurre nessuna incongruenza.

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