martedì 3 settembre 2024

Seneca, Epistulae, 32

Ognuno gode in primo luogo, tutto sommato, se stesso1 


5. Opto tibi tui facultatem.

«5. Desidero per te il possesso di te stesso».


Sentiamo in proposito alcune acute considerazioni di Schopenhauer (Parerga e Paralipomena I, Aforismi sulla saggezza della vita, Capitolo quarto, Di ciò che uno rappresenta):

«Sarebbe poi una misera esistenza, quella il cui valore o la cui mancanza di valore dipendesse dal suo modo di apparire agli occhi degli altri: tale sarebbe la vita dell’eroe o del genio, nel caso che il suo valore consistesse nella gloria, cioè nell’applauso di altri. Il fine di qualsiasi essere sta invece in lui stesso, ed egli vive ed esiste anzitutto in sé e per sé. Ciò che uno è, comunque poi debba intendersi tale esistenza, lo è in primo luogo e principalmente per se stesso… Poiché in ogni caso ciò che è ammirato deve avere un valore maggiore dell’ammirazione, quello che propriamente renderà felici non può consistere nella gloria, ma in ciò con cui la si consegue… 

* Il più felice sarà colui che giungerà con qualsivoglia mezzo al punto di ammirare sinceramente se stesso.

Ciascuno infatti deve essere necessariamente per se stesso, ciò che di meglio egli è… Chi dunque merita la gloria, anche senza conseguirla, possiede di gran lunga l’essenziale… Ciò che rende qualcuno invidiabile, non è l’essere ritenuto un grand’uomo dalla moltitudine priva di discernimento e così spesso infatuata, bensì l’esserlo veramente…

La sua felicità consiste quindi nelle grandi qualità stesse, che gli fanno conquistare la gloria, e nel fatto che egli ha avuto l’opportunità di svilupparle, che gli è stato concesso di agire come sentiva di dover agire…

Il valore della gloria avvenire sta così nel fatto di meritarla, e questo merito trova in sé stesso la sua ricompensa…

D’Alambert dice, nella sua bellissima descrizione del tempio della gloria letteraria: “La parte interna del tempio è abitata soltanto da morti, che durante la loro vita non vi erano entrati, e da alcuni viventi, che vengono poi gettati fuori quasi tutti, quando muoiono”…»


   1  Schopenhauer, Parerga e Paralipomena I, Aforismi sulla saggezza della vita, Capitolo secondo, Di ciò che uno è. 


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