Seneca, De Beneficiis, I, 1, 9
(L’ora di versione, 281 p. 369)
Non est autem, quod tardiores faciat ad bene merendum turba ingratorum.
Non c’è motivo per cui la massa degli ingrati ci renda più lenti a comportarci bene.
Nam primum, ut dixi, nos illam augemus;
Innanzitutto infatti, come ho detto prima, noi accresceremo quella;
deinde ne deos quidem inmortales ab hac tam effusa nec cessante benignitate sacrilegi neclegentesque eorum deterrent:
poi nemmeno gli dèi immortali sono distolti da questa tanto abbondante e non interrotta benevolenza dai sacrileghi o da coloro che li trascurano:
utuntur natura sua et cuncta interque illa ipsos munerum suorum malos interpretes iuuant.
essi mettono in pratica la propria indole e aiutano tutte le creature e tra quelle gli stessi cattivi intermediari dei loro doni.
Hos sequamur duces, quantum humana inbecillitas patitur; demus beneficia, non feneremus.
Seguiamo questi come guide, per quanto lo consente l’umana debolezza; i benefici diamoli, non prestiamoli a interesse.
Dignus est decipi, qui de recipiendo cogitauit, cum daret. 'At male cessit.’
È degno di essere ingannato chi ha pensato al riprendere mentre dava. “E sia, è andata male”.
Et liberi et coniuges spem fefellerunt, tamen et educamus et ducimus,
Figli e coniugi hanno deluso la speranza, eppure li educhiamo e ci sposiamo,
adeoque aduersus experimenta pertinaces sumus, ut bella uicti et naufragi maria repetamus.
e siamo a tal punto ostinati contro l’esperienza, che, sconfitti, cerchiamo di nuovo le guerre e, naufraghi, i mari.
Quanto magis permanere in dandis beneficiis decet!
Quanto più conviene insistere nel dare benefici!
quae si quis non dat, quia non recepit, dedit, ut reciperet,
E se qualcuno non li dà perché non li ha ricevuti, li ha dati per riceverli,
bonamque ingratorum facit causam, quibus turpe est non reddere, si licet.
e rende buone le ragioni degli ingrati, nei quali è una vergogna non ricambiare, se è possibile farlo.
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