Duo – latino
La felicità consiste nell’essere paghi di sé
(Seneca, Epistulae, 9, 20-22)
'Si cui' inquit 'sua non videntur amplissima, licet totius mundi dominus sit, tamen miser est.’
«“Se a qualcuno” disse “le proprie cose non sembrano grandissime, per quanto sia il padrone del mondo intero, tuttavia è misero”».
Vel si hoc modo tibi melius enuntiari videtur - id enim agendum est ut non verbis serviamus sed sensibus -,
«Oppure se ti sembra che sia espresso meglio in questo modo – si deve infatti fare così, mettersi al servizio non delle parole ma dei concetti –,»
'miser est qui se non beatissimum iudicat, licet imperet mundo’.
«“è infelice colui che non giudica se stesso felicissimo, per quanto comandi sul mondo”».
[21] Ut scias autem hos sensus esse communes, natura scilicet dictante, apud poetam comicum invenies:
«[21] Affinché tu sappia che questi modi di pensare sono comuni, evidentemente perché dettati dalla natura, troverai in un poeta comico:»
non est beatus, esse se qui non putat.
«non è felice colui che non pensa di esserlo».
Quid enim refert qualis status tuus sit, si tibi videtur malus‘
«Che importanza ha infatti quale sia la tua condizione, se a te sembra cattiva?»
[22] 'Quid ergo?' inquis 'si beatum se dixerit ille turpiter dives
«[22] “E che pensare allora” dici “se quello vergognosamente ricco si sarà definito felice»
et ille multorum dominus sed plurimum servus, beatus sua sententia fiet?’
«e quello padrone di molti ma schiavo di moltissimi diventerà felice in base alla sua opinione?»
Non quid dicat sed quid sentiat refert, nec quid uno die sentiat, sed quid assidue.
«Conta non cosa dice ma cosa sente, e non cosa sente in un solo giorno, ma cosa sente ininterrottamente».
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