Seneca, De ira (maturità 1977)
Cum magna id nostra molestia fiet (cupit enim exilire et incendere oculos
Ciò si verificherà con nostro grande fastidio (desidera infatti saltar fuori e infiammare gli occhi
et mutare faciem), sed si eminere illi extra nos licuit, supra nos est.
e mutare l’aspetto), ma se le è stato concesso di elevarsi fuori da noi, è sopra di noi.
In imo pectoris secessu recondatur, feraturque, non ferat.
Sia tenuta nascosta nel più profondo recesso del cuore, sia guidata, non guidi.
Immo in contrarium omnia eius indicia flectamus: vultus remittatur, vox lenior sit,
Anzi, tutte le sue manifestazioni siano piegate in senso contrario: sia rilassato il volto, la voce sia più calma,
gradus lentior; paulatim cum exterioribus interiora formantur.
il passo più lento; poco alla volta le disposizioni interiori si conformano alle manifestazioni esteriori.
In Socrate irae signum erat vocem summittere, loqui parcius;
In Socrate era segno d’ira abbassare la voce, parlare di meno;
apparebat tunc illum sibi obstare. Deprendebatur itaque a familiaribus et coarguebatur,
appariva allora che egli si opponeva a se stesso. E così era rimproverato dai compagni e condannato,
nec erat illi exprobratio latitantis irae ingrata.
né quel biasimo dell’ira nascosta gli era sgradito.
Quidni gauderet quod iram suam multi intellegerent, nemo sentiret?
Perché non avrebbe dovuto gioire del fatto che molti comprendevano la sua ira, nessuno la percepiva?
Sensissent autem, nisi ius amicis obiurgandi se dedisset, sicut ipse sibi in amicos sumpserat.
L’avrebbero sentita invece, se egli non avesse dato agli amici il diritto di rimproverarlo, così come egli stesso se lo era preso nei confronti degli amici.
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