Cicerone, De officiis, I (XXIX)
[102] 1. Efficiendum autem est, ut appetitus rationi oboediant eamque neque praecurrant nec propter pigritiam aut ignaviam deserant sintque tranquilli atque omni animi perturbatione careant;
Bisogna fare in modo che gli istinti obbediscano alla ragione e che né la precedano né a causa di pigrizia o indolenza la abbandonino e siano tranquilli e privi di ogni turbamento dell’animo;
ex quo elucebit omnis constantia omnisque moderatio. nam qui appetitus longius evagantur et tamquam exultantes sive cupiendo sive fugiendo non satis a ratione retinentur, ii sine dubio finem et modum transeunt.
e da ciò risplenderanno ogni costanza e ogni moderazione. Infatti gli istinti che vanno troppo fuori strada e come imbizzarriti vuoi nel desiderare vuoi nello schivare non sono trattenuti abbastanza dalla ragione, quelli senza dibbio vanno oltre il limite e la misura.
2. Relinquunt enim et abiciunt oboedientiam nec rationi parent, cui sunt subiecti lege naturae; a quibus non modo animi perturbantur, sed etiam corpora.
Abbandonano infatti e rigettano l’obbedienza e non si sottomettono alla ragione, alla quale sono soggetti per legge di natura; e da quelli sono turbati non solo gli animi, ma anche i corpi.
3. Licet ora ipsa cernere iratorum aut eorum, qui aut libidine aliqua aut metu commoti sunt aut voluptate nimia gestiunt; quorum omnium vultus, voces, motus statusque mutantur.
È possibile guardare i volti stessi degli adirati e di coloro che sono agitati da una qualche voglia o paura e si abbandonano all’impeto di un piacere eccessivo; di costoro mutano i volti, le voci, i gesti, le posizioni.
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