Τε. ὦ σχέτλι', ὡς οὐκ οἶσθα ποῦ ποτ' εἶ λόγων·
μέμηνας ἤδη, καὶ πρὶν ἐξέστης φρενῶν.
στείχωμεν ἡμεῖς, Κάδμε, κἀξαιτώμεθα 360
ὑπέρ τε τούτου καίπερ ὄντος ἀγρίου
ὑπέρ τε πόλεως τὸν θεὸν μηδὲν νέον
δρᾶν. ἀλλ' ἕπου μοι κισσίνου βάκτρου μέτα,
πειρῶ δ' ἀνορθοῦν σῶμ' ἐμόν, κἀγὼ τὸ σόν.
γέροντε δ' αἰσχρὸν δύο πεσεῖν· ἴτω δ' ὅμως· 365
τῷ Βακχίῳ γὰρ τῷ Διὸς δουλευτέον.
Πενθεὺς δ' ὅπως μὴ πένθος εἰσοίσει δόμοις
τοῖς σοῖσι, Κάδμε· μαντικῇ μὲν οὐ λέγω,
τοῖς πράγμασιν δέ· μῶρα γὰρ μῶρος λέγει.1
1 358-369: «O disgraziato! Come non sai a qual livello di parole sei! / Ormai sei impazzito, e già prima eri uscito di senno. / Andiamo noi, Cadmo, e facciamo gli scongiuri, / per costui anche se è un selvaggio / e per la città, che il dio non faccia nulla di / inaudito. Ma seguimi col bastone ornato d’edera, / prova a raddrizzare tu il mio corpo, e io il tuo. / È una vergogna che due vecchi cadano insieme; comunque si vada; / infatti bisogna servire Bacco, figlio di Zeus. / E che Penteo non introduca dolore nel tuo / palazzo, Cadmo; non lo dico per arte profetica, / ma in base ai fatti: infatti è insensato e dice cose senza senso».
358 – οἶσθα: seconda persona singolare di οἶδα, «so», verbo che esiste solo al tema del perfetto. Non si può considerare perfetto di ὁράω sebbene ne condivida una delle radici. – λόγων: genitivo partitivo dipendente da ποῦ.
359 – Tiresia sta dicendo chiaramente che lo stato mentale di Penteo, per come si è rivelato nelle sue ultime parole, è ulteriormente peggiorato. Il contrasto tra ἐξέστης φρενῶν e μέμηνας non è, secondo Dodds, tra due gradi di follia, ma tra la temporanea perdita di controllo descritta da μαίνῃ (326) o ἐξέστης φρενῶν e la condizione permanente di squilibrio descritta dal perfetto μέμηνας. – μέμηνας: perfetto di μαίνομαι. – ἐξέστης: aoristo terzo di ἐξίστημι, con valore intransitivo.
360-363 – La preghiera di Tiresia e la sua paura per Penteo, basata non sulla mantica ma sulla convinzione che il dio non è è un’invenzione, sono ugualmente autentiche. La situazione è simile nel finale del primo episodio dell’Ippolito, dove la vecchia nutrice prega Afrodite per conto della sua padrona (522-23) σύ μοι, δέσποινα ποντία Κύπρι, / συνεργὸς εἴης, «possa aiutarmi tu, / Cipride signora del mare». In entrambi i casi, dopo aver ascoltato il prologo (Baccanti, 39 δεῖ γὰρ πόλιν τήνδ' ἐκμαθεῖν, κεἰ μὴ θέλει, «Bisogna infatti che questa città comprenda, anche se non vuole»; Ippolito, 21-22 ἃ δ' εἰς ἔμ' ἡμάρτηκε τιμωρήσομαι / Ἱππόλυτον ἐν τῆιδ' ἡμέραι, «ma per i peccati che ha commesso contro di me mi vendicherò / di Ippolito oggi stesso»), il pubblico sa che la preghiera non avrà risposta; in entrambi i casi si crea il medesimo effetto patetico: una persona vecchia e una umile rivolgono una preghiera, per un giovane e un arrogante, a una divinità spietata, o meglio, a forze naturali spietate.
363-365 – Questo genere di cose fa parte della caratterizzazione teatrale convenzionale di un vecchio; qui però c’è anche una particolare sfumatura psicologica: il vecchio è profondamente scoraggiato e nel suo scoraggiamento la dionisiaca illusione di giovinezza (188-189 ἐπιλελήσμεθ' ἡδέως / γέροντες ὄντες, «ci siamo dimenticati con piacere / di essere vecchi») lo ha abbandonato. – πεσεῖν: infinito aoristo di πίπτω.
367 – Πενθεὺς … πένθος: in questo verso c’è un gioco di parole con il nome Πενθεὺς che viene associato al sostantivo πένθος «dolore»; sono frequenti nella tragedia. – εἰσοίσει: futuro di εἰσφέρω.
369 – τοῖς πράγμασιν: nei drammi di Euripide l’arte della mantica è trattata con poco rispetto; in questo caso però Tiresia non è un indovino ciarlatano, ma un uomo che sa che, usando le parole del coro successivo (386-388), ἀχαλίνων στομάτων / ἀνόμου τ' ἀφροσύνας / τὸ τέλος δυστυχία, «Di bocche senza freno / e stoltezza senza legge / la fine è sventura». Cfr. fr. 973 μάντις δ᾽ ἄριστος ὅστις εἰκάζει καλῶς, «ottimo indovino è chi fa buone congetture», come il Temistocle di Tucidide (I, 138, 3): τῶν μελλόντων ἐπὶ πλεῖστον τοῦ γενησομένου ἄριστος εἰκαστής, «per le cose che sarebbero accadute era il migliore a fare congetture per la maggior parte del tempo futuro».
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