mercoledì 18 dicembre 2024

Euripide, Baccanti – testo traduzione e commento – Maturità 2025 – 1° episodio: vv. 298-301

 

μάντις δ' ὁ δαίμων ὅδε· τὸ γὰρ βακχεύσιμον

καὶ τὸ μανιῶδες μαντικὴν πολλὴν ἔχει·

ὅταν γὰρ ὁ θεὸς ἐς τὸ σῶμ' ἔλθῃ πολύς,     300

λέγειν τὸ μέλλον τοὺς μεμηνότας ποιεῖ.1


1 298-301: «Questa divinità poi è profeta: l’esperienza bacchica / infatti e quella del delirio hanno molta virtù profetica; / quando infatti il dio giunge al corpo possente, / fa dire il futuro agli invasati».

298 – μάντις: In tracia Dioniso era un dio che si esplicava nel conferire tramite trance prerogative profetiche a un individuo che fungeva da medium: Erodoto (VII, 111) descrive il suo oracolo tra le montagne abitate dai Satri: Σάτραι ἐόντες ἐλεύθεροι μοῦνοι Θρηίκων οἱ τοῦ Διονύσου τὸ μαντήιόν εἰσι ἐκτημένοι· τὸ δὲ μαντήιον τοῦτο ἐστὶ μὲν ἐπὶ τῶν ὀρέων τῶν ὑψηλοτάτων· πρόμαντις δὲ ἡ χρέωσα κατά περ ἐν Δελφοῖσι, καὶ οὐδὲν ποικιλώτερον, «I Satri … che sono gli unici ancora liberi tra i Traci … sono coloro che posseggono l’oracolo di Dioniso; questo oracolo si trova su montagne altissime … ed è una sacerdotessa che pronuncia gli oracoli come a Delfi, e in modo per nulla più complicato»; significa che andava in trance come la Pizia. [La semplicità degli oracoli richiama la sentenza di Eraclito (93 D-K) ὁ ἄναξ, οὗ τὸ μαντεῖον ἐστι τὸ ἐν Δελφοῖς, οὔτε λέγει οὔτε κρύπτει ἀλλὰ σημαίνει, «il signore, il cui oracolo è quello di Delfi, né dice né nasconde, ma significa». Sempre sulla semplicità così si esprime Polinice nelle Fenicie (469-472) ἁπλοῦς ὁ μῦθος τῆς ἀληθείας ἔφυ / κοὐ ποικίλων δεῖ τἄνδιχ’ ἑρμηνευμάτων· / ἔχει γὰρ αὐτὰ καιρόν· ὁ δ’ ἄδικος λόγος / νοσῶν ἐν αὑτῷ φαρμάκων δεῖται σοφῶν, «il discorso della verità è semplice per natura / e ciò che è giusto non ha bisogno di intricate interpretazioni: / ha in sé ciò che è opportuno; il discorso ingiusto invece / avendo il vizio dentro di sé ha bisogno di espedienti sofisticati». Seneca li cita (Epistulae, 49, 12): ut ait ille tragicus, veritatis simplex oratio est, ideoque illam implicari non oportet; nec enim quicquam minus convenit quam subdola ista calliditas animis magna conantibus, «come dice quel famoso tragico, il discorso della verità è semplice, e quindi non è il caso di complicarlo; e infatti non c’è alcuna cosa che convenga meno di questa furbizia subdola agli animi che si preparano a grandi imprese». Del resto etiam sine ratione ipsa veritas lucet, «anche senza spiegazioni la verità da sola splende» (Seneca, Epistulae, 94, 43)].

299 – μανιῶδες μαντικὴν: l’affermazione di Tiresia è basata su elementi più solidi della sola connessione etimologica tra μανία e μαντική, pur accennata al v. 299 e sostenuta da Platone (Fedro, 244a-c) νῦν δὲ τὰ μέγιστα τῶν ἀγαθῶν ἡμῖν γίγνεται διὰ μανίας, θείᾳ μέντοι δόσει διδομένης. ἥ τε γὰρ δὴ ἐν Δελφοῖς προφῆτις αἵ τ' ἐν Δωδώνῃ ἱέρειαι μανεῖσαι μὲν πολλὰ δὴ καὶ καλὰ ἰδίᾳ τε καὶ δημοσίᾳ τὴν Ἑλλάδα ἠργάσαντο, σωφρονοῦσαι δὲ βραχέα ἢ οὐδέν·καὶ τῶν παλαιῶν οἱ τὰ ὀνόματα τιθέμενοι οὐκ αἰσχρὸν ἡγοῦντο οὐδὲ ὄνειδος μανίαν· [c] οὐ γὰρ ἂν τῇ καλλίστῃ τέχνῃ, ᾗ τὸ μέλλον κρίνεται, αὐτὸ τοῦτο τοὔνομα ἐμπλέκοντες μανικὴν ἐκάλεσαν. ἀλλ' ὡς καλοῦ ὄντος, ὅταν θείᾳ μοίρᾳ γίγνηται, οὕτω νομίσαντες ἔθεντο, οἱ δὲ νῦν ἀπειροκάλως τὸ ταῦ ἐπεμβάλλοντες μαντικὴν ἐκάλεσαν, «ora i beni più grandi per noi derivano dalla follia, datoci per dono divino. Infatti la profetessa di Delfi e le sacerdotesse di Dodona in preda alla follia hanno resa alla Grecia molti e bei benefici sia privatamente sia pubblicamente, quando erano in senno invece pochi o per niente; … e tra gli antichi coloro che stabilivano i nomi non cosideravano una vergogna né un’onta la follia: infatti, connettendo questo nome alla bellissima arte, con la quale si giudica il futuro, l’non avrebbero chiamata “manica”. Invece siccome è bella, qualora giunga per sorte divina, così credettero e stabilirono, mentre i moderni inserendo il tau per mancanza di buon gusto la chiamarono “mantica”» (questo è il primo tipo di follia; il secondo è quello delle purificazioni e il terzo è quello della poesia, 245a ὃς δ' ἂν ἄνευ μανίας Μουσῶν ἐπὶ ποιητικὰς θύρας ἀφίκηται, πεισθεὶς ὡς ἄρα ἐκ τέχνης ἱκανὸς ποιητὴς ἐσόμενος, ἀτελὴς αὐτός τε καὶ ἡ ποίησις ὑπὸ τῆς τῶν μαινομένων ἡ τοῦ σωφρονοῦντος ἠφανίσθη, «chi sia giunto alle porte della poesia senza la follia delle Muse, ma confidando che sarà un poeta bravo solo con la tecnica, rimane incompiuto e la poesia dell’assennato è oscurata da quella dei folli».

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