15. cibo… qui postquam coepit non ad tollendam sed ad inritandam famem quaeri et inventae sunt mille conditurae quibus aviditas excitaretur, quae desiderantibus alimenta erant onera sunt plenis.
«15. cibo… che da quando ha cominciato ad essere ricercato non per eliminare ma per stimolare la fame e furono inventati mille condimenti da cui l’avidità è eccitata, quelli che erano alimenti per chi li bramava sono pesi pchi è pieno».
21. Libidine vero ne maribus quidem cedunt: pati natae… adeo perversum commentae genus inpudicitiae viros ineunt… quia feminam exuerant, damnatae sunt morbis virilibus.
«21. In verità quanto a libidine non sono da meno nemmeno rispetto ai maschi: nate per essere passive… avendo escogitato un genere di impudicizia a tal punto perverso, vanno sopra gli uomini… siccome si erano svestite della natura femminile, sono state candannate ai morbi maschili».
23. Nunc vero quam longe processerunt mala valetudinis! Has usuras voluptatium pendimus ultra modum fasque concupitarum. Innumerabiles esse morbos non miraberis: cocos numera. Cessat omne studium et liberalia professi sine ulla frequentia desertis angulis praesident; in rhetorum ac philosophorum scholis solitudo est: at quam celebres culinae sunt, quanta circa nepotum focos <se> iuventus premit!
«23. Ma ora quanti progressi hanno fatto le malattie! Questi sono gli interessi che paghiamo per i piaceri bramati oltre la giusta misura. Non ti meraviglierai che le malattie siano innumerevoli: conta i cuochi. Cessa ogni studio e i professori delle arti liberali presidiano angoli abbandonati senza la minima presenza; nelle scuole dei retori e dei filosofi c’è il deserto: ma come sono affollate le cucine, quanta gioventù si accalca intorno ai focolari dei debosciati!»
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