Ripropongo il giorno di Natale alcune considerazioni sulla felicità, che spesso è personata, cioè «una maschera», una condizione spesso peggiore di una infelicità autentica (Seneca, Epistulae, 80).
θνητῶν δὲ μῶρος ὅστις εὖ πράσσειν δοκῶν
βέβαια χαίρει· τοῖς τρόποις γὰρ αἱ τύχαι,
ἔμπληκτος ὡς ἄνθρωπος, ἄλλοτ’ ἄλλοσε 1205
πηδῶσι, κοὐδεὶς αὐτὸς εὐτυχεῖ ποτε.
Stolto tra i mortali chi credendo di prosperare
con certezza ne gode: le sorti infatti per indole,
come un uomo volubile, saltano a volte da una parte
a volte da un’altra, e nessuno mai è di per sé fortunato.
Sono le amare considerzioni di Ecuba (Euripide, Troiane, 1203-1206) sul corpicino straziato di Astianatte; riprendono un noto motivo sapienziale.
Il tema si trova già in Omero:
Omero, Odissea, XVIII, 130-137:
οὐδὲν ἀκιδνότερον γαῖα τρέφει ἀνθρώποιο, / πάντων ὅσσα τε γαῖαν ἔπι πνείει τε καὶ ἕρπει. / οὐ μὲν γάρ ποτέ φησι κακὸν πείσεσθαι ὀπίσσω, / ὄφρ᾽ ἀρετὴν παρέχωσι θεοὶ καὶ γούνατ᾽ ὀρώρῃ: / ἀλλ᾽ ὅτε δὴ καὶ λυγρὰ θεοὶ μάκαρες τελέσωσι, / καὶ τὰ φέρει ἀεκαζόμενος τετληότι θυμῷ: / τοῖος γὰρ νόος ἐστὶν ἐπιχθονίων ἀνθρώπων / οἷον ἐπ᾽ ἦμαρ ἄγησι πατὴρ ἀνδρῶν τε θεῶν τε.
«Nulla la terra nutre più meschino dell’uomo, / di tutte le creature quante respirano e strisciano sulla terra. / Infatti non dice mai che in futuro subirà un male, / finché gli dèi gli offrono coraggio e le ginocchia spingano: / ma quando gli dèi beati compiano anche lutti, / anche questi sopporta, suo malgrado, con animo paziente: / tale infatti è la mente degli uomini sopra la terra / quale la indirizza di giorno in giorno il padre degli uomini e degli dèi».
Il contesto è quello della lotta di Odisseo con Iro, che lo aveva umiliato nella reggia di Itaca. Ancora travestito da vecchio mendicante Odisseo gli dà una lezione e all’augurio di Anfinomo, uno dei proci, di essere in futuro felice, risponde con le parole riportate sopra.
Tuttavia la sua formulazione più famosa appartiene ad Erodoto:
Erodoto, Creso e Solone
Erodoto, Storie, I, 32: Solone, ospite di Creso, viene interrogato su chi sia l’uomo più felice; l’Ateniese prima nomina Tello ateniese, poi Cleobi e Bitone, tutte persone qualsiasi, ma che hanno in comune di averer concluso la vita bene. Creso allora si indispettisce, ma Solone gli spiega che «l’uomo è completamente in balia degli eventi» (πᾶν ἐστι ἄνθρωπος συμφορή)1. Poi Solone fa il conto dei giorni di una vita presupposta di settanta anni, comprendente 26250 giorni, ciascuno dei quali è diverso, e aggiunge:
Ἐμοὶ δὲ σὺ καὶ πλουτέειν μέγα φαίνεαι καὶ βασιλεὺς πολλῶν εἶναι ἀνθρώπων· ἐκεῖνο δὲ τὸ εἴρεό με οὔ κώ σε ἐγὼ λέγω, πρὶν τελευτήσαντα καλῶς τὸν αἰῶνα πύθωμαι.
«Tu mi sembri essere molto ricco e regnare su molti uomini; ma quello che mi chiedevi non te lo dico ancora, prima di aver saputo che hai compiuto bene la vita».
Dopo avere fatto una distinzione tra ricchezza e fortuna e felicità, ribadisce:
πρὶν δ' ἂν τελευτήσῃ, ἐπισχεῖν μηδὲ καλέειν κω ὄλβιον, ἀλλ' εὐτυχέα […] Ὣς δὲ καὶ ἀνθρώπου σῶμα ἓν οὐδὲν αὔταρκές ἐστι· τὸ μὲν γὰρ ἔχει, ἄλλου δὲ ἐνδεές ἐστι· ὃς δ' ἂν αὐτῶν πλεῖστα ἔχων διατελέῃ καὶ ἔπειτα τελευτήσῃ εὐχαρίστως τὸν βίον, οὗτος παρ' ἐμοὶ τὸ οὔνομα τοῦτο, ὦ βασιλεῦ, δίκαιός ἐστι φέρεσθαι. Σκοπέειν δὲ χρὴ παντὸς χρήματος τὴν τελευτὴν κῇ ἀποβήσεται· πολλοῖσι γὰρ δὴ [33] ὑποδέξας ὄλβον ὁ θεὸς προρρίζους ἀνέτρεψε. [33] ὑποδέξας ὄλβον ὁ θεὸς προρρίζους ἀνέτρεψε.
«Però prima che sia morto, tratteniamoci e non chiamiamo uno felice, ma fortunato […] Giacché anche un solo corpo umano non è per niente autosufficiente2; colui che possieda con continuità la maggior parte di quelle cose e poi muoia felicemente, questo per me, o re, è giusto che riporti questo nome. Di ogni casa bisogna guardare la conclusione, come andrà a finire: infatti la divinità, dopo aver fatto intravedere a molti la felicità, li ha stroncati capovolgendoli».
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