martedì 24 dicembre 2024

Sulla volontarietà del male – Seneca, Epistulae, 54

 

7. nihil invitus facit sapiens; necessitatem effugit, quia vult quod coactura est.

«7. Il sapiente non fa nulla se non vuole; sfugge alla necessità, poiché vuole ciò a cui essa è destinata a costringerlo».


Nell’Eneide di Virgilio viene raccontata la storia d’amore tra la Sidonia Didone, la regina di Cartagine, e il pio Enea, il fato profugus (I, 2) troiano umanamente accolto dalla regina in seguito al naufragio (non ignara mali miseris succurrere disco, «Non ignara del male, imparo a soccorrere i miseri», I, 630). Dopo essere stato ospitato, soccorso e “coccolato” se ne va improvvisamente rispondendo con queste parole a Didone che tenta disperatamente di dissuaderlo: desine meque tuis incendere teque querelis; / Italiam non sponte sequor, «Smettila di infiammare me e te con le tue lamentele: / non di mia volontà seguo l’Italia» (IV, 630-631).

Enea non rivedrà più Didone se non da morta, dopo il suo suicidio, nella discesa agli inferi. Queste le ultime parole che le rivolge (VI, 460) invitus, regina, tuo de litore cessi, «senza volerlo regina mi sono allontanato dalla tua spiaggia» (v. 460). Quindi Enea cerca di interloquire in qualche modo ma illa solo fixos ocuols aversa tenebat, «ella teneva gli occhi fissi al suolo, girata dall'altra parte».

Ebbene, Enea, che pure famam pietatis habet, «ha la fama di pietà» (Ovidio,  Ars, III, 39), dimostra in questo caso tutta la sua insipienza.

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