Per concludere si può tentare di spiegare questa mentalità, per noi moderni problematica, con una riflessione di Dodds1 che vede una profonda differenza tra la civiltà greca e quella cristiana nel concepire il senso di colpa rispettivamente come contaminazione e peccato:
La differenza tra i due casi, naturalmente, è che il peccato è una condizione della volontà, è malattia della coscienza interiore, mentre la contaminazione è conseguenza automatica di un atto, appartiene al mondo degli avvenimenti esterni, ed opera con assoluta e spietata indifferenza per il movente, come il bacillo del tifo. A rigor di termini, il senso di colpa arcaico diventa senso di peccato soltanto in seguito all’ «interiorizzazione» della coscienza […]; questo fenomeno comparve tardi e non senza incertezze nel mondo ellenico, e si diffuse soltanto molto tempo dopo che il diritto laico prese a riconoscere l’importanza del movente. Il trasferimento del concetto di purezza dalla sfera magica a quella morale fu sviluppo egualmente tardo; soltanto negli ultimi anni del V secolo troviamo esplicitamente affermato che le mani pulite non bastano: dev’essere puro anche il cuore.
Euripide, Oreste, 1604
Με. ἁγνὸς γάρ εἰμι χεῖρας. Ορ. ἀλλ’ οὐ τὰς φρένας
«Me. Io infatti sono puro nelle mani. Or. ma non nel cuore».
1 Op. cit., cap. II, Civiltà di vergogna e civiltà di colpa, pp. 48-49.
Nessun commento:
Posta un commento