venerdì 25 aprile 2025

Non fert ullum ictum inlaesa felicitas – Seneca, De providentia, II, 5-8


Riprendo dal post precedente 


5. Non uides quanto aliter patres, aliter matres indulgeant? illi excitari iubent liberos ad studia obeunda mature, feriatis quoque diebus non patiuntur esse otiosos, et sudorem illis et interdum lacrimas excutiunt; at matres fouere in sinu, continere in umbra uolunt, numquam contristari, numquam flere, numquam laborare.

«Non vedi quanto padri e madri esprimano l’affetto diversamente l’uno dall’altro? Quelli ordinano di svegliare i figli di buon ora per intraprendere gli studi, non li lasciano nell’ozio nemmeno nei giorni di festa, e spremono loro il sudore e a volte le lacrime; ma le madri vogliono scaldarli in grembo, tenerli nell’ombra4, che non siano mai tristi, non piangano mai, non soffrano mai».

6. Patrium deus habet aduersus bonos uiros animum et illos fortiter amat et 'operibus' inquit 'doloribus damnis exagitentur, ut uerum colligant robur.' Languent per inertiam saginata nec labore tantum sed motu et ipso sui onere deficiunt. Non fert ullum ictum inlaesa felicitas; at cui adsidua fuit cum incommodis suis rixa, callum per iniurias duxit nec ulli malo cedit, sed etiam si cecidit de genu pugnat.

«La divinità ha nei confronti degli uomini buoni un animo di padre e li ama virilmente e “Siano alle prese,” dice, “con lavori, dolori, danni, per raccogliere la vera forza”. Infiacchiscono nell’inazione i corpi appesantiti e vengono meno non solo per la fatica ma anche per il movimento e il proprio stesso peso. Non sopporta alcun colpo una prosperità mai ferita; ma chi si è trovato in una continua lotta contro le sue disgrazie, ha fatto il callo a forza di offese e non cede al alcun male, ma anche se è caduto combatte in ginocchio».

7. Miraris tu, si deus ille bonorum amantissimus, qui illos quam optimos esse atque excellentissimos uult, fortunam illis cum qua exerceantur adsignat? Ego uero non miror, si aliquando impetum capiunt spectandi magnos uiros conluctantis cum aliqua calamitate.

«Ti meravigli tu, se quel dio che ama sommamente i buoni, il quale vuole che quelli siano i migliori e i più eccellenti possibile, assegna loro una sorte con cui si allenino? Io proprio non mi meraviglio, se ogni tanto sono presi irresistibilmente dal desiderio di guardare i grandi uomini in lotta con una qualche calamità».

8. Nobis interdum uoluptati est, si adulescens constantis animi inruentem feram uenabulo excepit, si leonis incursum interritus pertulit, tantoque hoc spectaculum est gratius quanto id honestior fecit. Non sunt ista quae possint deorum in se uultum conuertere, puerilia et humanae oblectamenta leuitatis:

«Per talvolta è motivo di piacere, se un ragazzo di animo saldo affronta l’assalto di una belva con uno spiedo, se sostiene senza paura la carica di un leone, e questo spettacolo è tanto più gradito quanto più compie quel gesto con stile. Non sono queste le cose che possono attirare su di sé lo sguardo degli dèi, passatempi puerili e della superficialità umana:»


Continua...


4 Tenerli nell’ombra significa evitare il contatto con la realtà, che può rappresentare un problema. L’ombra nell’antichità non è mai positiva perché significa solitudine e distacco dalla realtà e dalla cultura. Vedi nell’articolo «Il sapere non è sapienza» la figura dell’umbraticus doctor.

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