giovedì 10 aprile 2025

Seneca, Epistulae, 61

 

[1] Desinamus quod voluimus velle. Ego certe id ago <ne> senex eadem velim quae puer volui. In hoc unum eunt dies, in hoc noctes, hoc opus meum est, haec cogitatio, imponere veteribus malis finem. Id ago ut mihi instar totius vitae dies sit; nec mehercules tamquam ultimum rapio, sed sic illum aspicio tamquam esse vel ultimus possit.

«[1] Smettiamola di volere ciò che abbiamo voluto. Io per lo meno faccio in modo di non voler da vecchio le medesime cose che volli da fanciullo. In questo unico obiettivo vanno le giornate, in questo le notti, questa è il mio lvoro, questo il pensiero, porre una fine ai vecchi vizi. Faccio in modo che la giornata sia per me l’equivalente della vita intera; e per Ercole non la afferro come se fosse l’ultima, ma la guardo come se potesse essere l’ultima».

[2] Ante senectutem curavi ut bene viverem, in senectute ut bene moriar; bene autem mori est libenter mori.

«[2] Prima della vecchiaia mi preoccupai di vivere bene, nella vecchiaia di morire bene; e morire bene significa morire volentieri».

[3] Da operam ne quid umquam invitus facias: quidquid necesse futurum est repugnanti, id volenti necessitas non est. Ita dico: qui imperia libens excipit partem acerbissimam servitutis effugit, facere quod nolit; non qui iussus aliquid facit miser est, sed qui invitus facit. Itaque sic animum componamus ut quidquid res exiget, id velimus, et in primis ut finem nostri sine tristitia cogitemus.

«[3] Impegnati a non fare mai nulla contro la tua volontà: qualsiasi cosa sarà necessaria per chi recalcitra, per chi vuole non è una necessità. Così dico: chi accetta di buon grado gli ordini evita la parte più aspra della servitù, fare ciò che non vuole; è infelice non chi fa qualcosa eseguendo un ordine, ma chi la fa contro la sua volontà. Sicché regoliamo l’animo in modo da volere qualsiasi cosa le circostanze esigano, e prima di tutto in modo da pensare la nostra fine senza tristezza».

[4] Ante ad mortem quam ad vitam praeparandi sumus. Satis instructa vita est, sed nos in instrumenta eius avidi sumus; deesse aliquid nobis videtur et semper videbitur: ut satis vixerimus, nec anni nec dies faciunt sed animus. Vixi, Lucili carissime, quantum satis erat; mortem plenus exspecto.

«[4] Dobbiamo prepararci alla morte prima che alla vita. La vita è dotata sufficienza, ma noi siamo avidi delle sue risorse; ci sembra che manchi qualcosa e sempre ci sembrerà: fanno sì che abbiamo vissuto a sufficienza, non gli anni non i giorni, ma lo spirito. Ho vissuto, carissimo Lucilio, quanto era sufficiente, aspetto la morte sazio».

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