venerdì 26 luglio 2024

Umanesimo

Di seguito alcune affermazioni di umanesimo.

Sofocle, Antigone, 523

Οὔτοι συνέχθειν, ἀλλὰ συμφιλεῖν ἔφυν.

«Sono nata per condividere non certo l’odio, ma l’amore».

Qui Antigone risponde alle accuse di Creonte, suo zio e re di Tebe, che sostiene che è giusto onorare Eteocle, che ha combattuto per difendere la patria; Polinice invece, che ha rivolto le armi contro Tebe, deve essere lasciato insepolto preda degli uccelli. Antigone, con il verso citato, si ribella a questa logica dell’odio.


Sofocle, Edipo a Colono, 567-68

ἔξοιδ’ ἀνὴρ ὢν χὤτι τῆς ἐς αὔριον
οὐδὲν πλέον μοι σοῦ μέτεστιν ἡμέρας.

«So di essere un uomo e che il giorno di / domani non appartiene affatto più a me che a te».

In questa tragedia, l’ultima del poeta di Colono, Edipo, ormai vecchio e prossimo alla morte, giunge ad Atene, nel demo di Colono; quando Teseo gli offre umanamente aiuto, Edipo gli chiede perché soccorre l’uomo che si è macchiato delle infamie più vergognose. I versi citati sono la risposta di Teseo.


Seneca, Epistulae,  95

51. Magna scilicet laus est si homo mansuetus homini est.

«51. È davvero un grande merito se l’uomo è mite con l’uomo».

52. Natura nos cognatos edidit… Illa aequum iustumque composuit; ex illius constitutione miserius est nocere quam laedi; ex illius imperio paratae sint iuvandis manus.

«52. La natura ci ha messi al mondo fratelli… Quella ha organizzato equità e giustizia; secondo la sua costituzione è fonte di maggiore infelicità nuocere piuttosto che essere offesi; per suo comando le mani siano a disposizione di chi ha bisogno di aiuto».

53. Ille versus et in pectore et in ore sit: homo sum, humani nihil a me alienum puto1.

«53. Sia nel cuore sia in bocca ci sia quel famoso verso: “homo sum, humani nihil a me alienum puto1.


Menandro, Fr. 761

ὡς χαρίεν ἔστ' ἄνθρωπος, ὅταν ἄνθρωπος ᾖ.

«Che cosa graziosa è l’uomo, quando è veramente uomo».

 

1 Terenzio, Heauton timorumenos, 77: «sono un essere umano, niente di umano considero a me estraneo». Sono le parole che Cremete rivolge al suo vicino di casa affranto, dopo avergli mostrato interesse per la sua sofferenza; Menedemo, il vicino, gli aveva risposto di farsi gli affari suoi: Chreme, tantumne ab re tuast oti tibi / aliena ut cures ea quae nil ad te attinent?, «Cremete, hai tanto tempo libero dai tuoi affari / da preoccuparti di ciò che non ti riguarda affatto?» (vv. 75-76).

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