giovedì 25 luglio 2024

Seneca, Epistulae, 5

La filosofia richiede frugalità, non tormento


3. Id agamus ut meliorem vitam sequamur quam vulgus, non ut contrariam: alioquin quos emendari volumus fugamus a nobis et avertimus; illud quoque efficimus, ut nihil imitari velint nostri, dum timent ne imitanda sint omnia.

«3. Facciamo in modo di seguire una vita migliore del volgo, non una contraria: altrimenti quelli che vogliamo correggere li facciamo scappare da noi e li allontaniamo; produciamo anche quell’effetto, che non vogliono imitare niente di noi, finché temono che tutti i comportamenti debbano essere imitati».

5. Quemadmodum desiderare delicatas res luxuriae est, ita usitatas et non magno parabiles fugere dementiae. Frugalitatem exigit philosophia, non poenam; potest autem esse non incompta frugalitas.

«5. Come desiderare le raffinatezze è segno di mollezza, così evitare i cibi soliti e procurabili con una spesa non grande lo è di follia. La filosofia richiede frugalità, non tormento; del resto la frugalità può essere non sciatta».

6. 'Quid ergo? eadem faciemus quae ceteri? nihil inter nos et illos intererit?' Plurimum: dissimiles esse nos vulgo sciat qui inspexerit propius; qui domum intraverit nos potius miretur quam supellectilem nostram. Magnus ille est qui fictilibus sic utitur quemadmodum argento, nec ille minor est qui sic argento utitur quemadmodum fictilibus; infirmi animi est pati non posse divitias.

«6. “E quindi? Faremo le medesime cose degli altri? Non ci sarà nessuna differenza tra noi e quelli?” Moltissima: chi ci guardasse più da vicino sappia che noi siamo diversi dal volgo; chi entrerà in casa nostra ammiri noi piuttosto che i nostri mobili. Grande è quello che usa stoviglie di coccio come argenteria, e non è da meno quello che usa l’argenteria come stoviglie di coccio; è segno di un animo debole non  essere in grado di sopportare la ricchezza».


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