La filosofia trasmette cose, non parole
[1] Quod liquet firmandum et altius cotidiana meditatione figendum est: plus operis est in eo ut proposita custodias quam ut honesta proponas. Perseverandum est et assiduo studio robur addendum, donec bona mens sit quod bona voluntas est.
«1. Ciò che è chiaro deve essere rafforzato e fissato bene in profondità con una quotidiana meditazione: ci vuole più impegno nel mantenere i propositi che nel proporsi cose oneste1. Bisogna insistere e aggiungere forza d’animo con applicazione assidua, finché la buona mente sia ciò che è la buona volontà».
[3] Non est philosophia populare artificium nec ostentationi paratum; non in verbis sed in rebus est.
«3. La filosofia non è una tecnica per conquistare popolarità né è stata messa a punto per l’ostentazione; non è fatta di parole ma di fatti2».
7. Istuc quoque ab Epicuro dictum est: 'si ad naturam vives, numquam eris pauper; si ad opiniones, numquam eris dives'. [8] Exiguum natura desiderat, opinio immensum.
«7. Questo pure è stato detto da Epicuro: “se vivrai secondo natura3, non sarai mai povero, se vivrai secondo l’opinione, non sarai mai ricco”. 8. La natura desidera il poco, l’opinione lo smisurato».
[9] Naturalia desideria finita sunt: ex falsa opinione nascentia ubi desinant non habent; nullus enim terminus falso est. Via eunti aliquid extremum est: error immensus est. Retrahe ergo te a vanis, et cum voles scire quod petes, utrum naturalem habeat an caecam cupiditatem, considera num possit alicubi consistere: si longe progresso semper aliquid longius restat, scito id naturale non esse.
«9. I desideri naturali sono finiti: quelli che nascono da una falsa opinione non hanno dove avere un termine; infatti non c’è nessun limite per ciò che è falso. Per chi va per una via c’è un punto finale: l’errare è senza limiti. Sottraiti dunque alle cose vane, e quando vorrai sapere ciò che cercherai, se abbia un desiderio naturale o cieco, rifletti se può fermarsi da qualche parte: se una volta che ti sei spinto lontano resta qualcosa di ancora più lontano, sappi che ciò non è naturale4».
1 L’importanza di sapere ciò che si vuole e di essere in grado di ottenerlo è anche il primo presupposto della felicità, come è detto proprio all’inizio del De vita beata (1): Viuere, Gallio frater, omnes beate uolunt, sed ad peruidendum quid sit quod beatam uitam efficiat caligant […] Proponendum est itaque primum quid sit quod adpetamus; tunc circumspiciendum qua contendere illo celerrime possimus, «Tutti, oh fratello Gallione, vogliono vivere felicemente, ma quanto a vedere chiaramente cosa sia ciò che rende felice la vita felice, hanno come la vista ottenebrata […] E così bisogna porsi davanti agli occhi innanzitutto cosa sia ciò che desideriamo; a quel punto bisogna esaminare con cura per quale via possiamo giungere là con la massima velocità».
2 Cfr. Epistulae, 20, 2: facere docet philosophia, non dicere […] Maximum hoc est et officium sapientiae et indicium, ut verbis opera concordent, «la filosofia insegna a fare, non a dire […] Questo è il più importante dovere e segno della sapienza, che le azioni concordino con le parole»; 88, 32: sapientia […] res tradit, non verba, «la sapienza… trasmette cose, non parole»; 108, 35: Sic ista ediscamus ut quae fuerint verba sint opera, «Così dobbiamo imparare queste cose, in modo che quelle che sono state parole siano opere».
3 Cfr. Epistulae, I, 3, 6: Cum rerum natura delibera: illa dicet tibi et diem fecisse se et noctem, «Prendi le decisioni in accordo con la natura: ella ti dirà che ha fatto sia il giorno sia la notte».
4 Cfr. Epistulae, 2, 6: non qui parum habet, sed qui plus cupit, pauper est, «è povero non chi ha poco, ma chi brama di più».
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