Tentativo di autocritica
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Nietzsche rievoca il tempo in cui il libro, da lui definito problematico, nacque, «nonostante il quale esso nacque», cioè la guerra franco-tedesca del 1870-71: sicuramente doveva esservi alla base una questione fondamentale e affascinante. In quei mesi aveva riflettuto senza riuscire a darsi una risposta sulla «pretesa “serenità” dei Greci e dell’arte greca», finché alla fine della guerra prende corpo il progetto del libro.
La specie di uomini finora meglio riuscita, più bella, più invidiata, più seduttrice verso la vita, i Greci – come? Proprio essi ebbero bisogno della tragedia? Ancor più, dell'arte? – A che scopo, l'arte greca?…
Dunque il problema posto era se il pessimismo fosse necessariamente un sintomo di decadenza e se invece non esista un pessimismo della forza, un’inclinazione intellettuale per ciò che nella vita è duro.
Che cosa significa, proprio presso i Greci dell'epoca migliore, più forte, più valorosa, il mito tragico? E l’enorme fenomeno del dionisiaco? Che cosa significa la tragedia, nata da esso? – E d'altra parte ciò per cui la tragedia morì, il socratismo della morale, la dialettica, la moderazione e la serenità dell'uomo teoretico – ebbene, non potrebbe essere proprio questo socratismo un segno di declino?… E la «serenità greca» della grecità posteriore non potrebbe essere solo un tramonto? La volontà epicurea contro il pessimismo, solo la cautela di un sofferente?… Forse la scientificità è solo una paura e una scappatoia di fronte al pessimismo? Una sottile legittima difesa contro – la verità?
Una prima novità è dunque la critica alla concezione del modo greco che troviamo già in Winckelmann e che era diffusa tra gli studiosi tedeschi dell’Ottocento. Famose sono queste parole di Winckelmann in Pensieri sull’imitazione dell’arte greca:
Infine, la generale e principale caratteristica dei capolavori greci è una nobile semplicità e una quieta grandezza, sia nella posizione che nell'espressione. Come la profondità del mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la superficie, l’espressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre un’anima grande e posata.
Per quanto riguarda l’ambiente accademico tale impostazione emerge da una lettera di Rhode a Nietzsche del 22 aprile 1871:
Come detesto tutta questa penosa sapienza di Gottinga riguardante «la serenità dell'autentica grecità»! Dioniso ha avuto un influsso altrettanto profondo dell'illuminato Apollo che questa infausta genia di professori vede dappertutto!
Un altro elemento importante e nuovo è il ribaltamento di prospettiva per cui quello che anche noi consideriamo il periodo aureo della grecità, ossia l’età di Pericle, è invece considerato il principio della decadenza. Il concetto si ritrova poi in Umano, troppo umano I, 474:
Temuto dallo stato lo sviluppo dello spirito. La cultura si sviluppò nonostante la polis... Contro ciò non bisogna appellarsi al panegirico di Pericle: perché esso è solo una grande e ottimistica fantasia sulla pretesa necessaria connessione fra polis e cultura ateniese; Tucidide, immediatamente prima che la notte scenda su Atene (la peste e la rottura della tradizione), la fa brillare ancora una volta come uno sfolgorante tramonto, destinato a far dimenticare la brutta giornata che lo ha preceduto.
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