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Il problema che gli si era affacciato era «un problema con le corna, non proprio necessariamente un toro» (Allusione molto probabile all’impulso dionisiaco, per l’identificazione di Dioniso con il toro. Vedi, per esempio la parodo delle Baccanti di Euripide – v. 100 – dove il dio è definito ταυρόκερων θεὸν, «dio dalle corna di toro») ma un problema nuovo cioè il «problema della scienza». Senonché ne è uscito un libro impossibile per l’inesperienza unita all’entusiasmo giovanili, per la prolissità da Sturm und Drang, e però rivendica di essere piaciuto «ai migliori del suo tempo», citando il prologo del Wallenstaein di Shiller: «Giacché colui che ha fatto abbastanza per i migliori del suo tempo, è vissuto per tutti i tempi». Anche Orazio rivendica tale prerogativa (Epistulae, I, XX, 20-23):
Me libertino natum patre et in tenui re
maiores pennas nido extendisse loqueris,
ut quantum generi demas virtutibus addas;
me primis Vrbis belli placuisse domique.
«Dirai che io, nato da padre libertino e in una modesta / condizione ho aperto ali più grandi del nido, / così da aggiungere alle virtù quanto puoi togliere alla nascita; / che io sono piaciuto ai primi della città in guerra e in pace».
Tuttavia Nietzsche non vuole nascondersi quanto il libro risulti spiacevole ed estraneo dopo sedici anni ai suoi occhi, per i quali però non è divenuto estraneo il compito che si era posto: vedere la scienza con l'ottica dell'artista e l'arte invece con quella della vita…
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