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Nel libro poi ritorna più volte l'allusiva frase che solo come fenomeno estetico l'esistenza del mondo è giustificata[...] Tutto il libro vede soltanto un senso e un senso recondito d'artista, – un «Dio», se si vuole, ma certo solo un Dio-artista assolutamente noncurante e immorale, che nel costruire come nel distruggere, nel bene come nel male, vuole sperimentare un uguale piacere e dispotismo, e che, creando mondi, si libera dall'oppressione della pienezza e dalla sovrabbondanza, dalla sofferenza dei contrasti in lui compressi. Il mondo è in ogni momento la raggiunta liberazione di Dio.
Nella concezione metafisica dell’arte l’elemento essenziale è che anticipa quello che sarà la tendenza degli anni successivi, cioè il contrasto alla concezione morale dell’esistenza.
Segno della tendenza antimorale è il «silenzio cauto e ostile con cui in tutto il libro è trattato il cristianesimo» il quale nel suo voler essere solo morale condanna l’arte in quanto menzogna; in questo modo di pensare si manifesta «l'ostilità alla vita [...] nausea e sazietà che la vita ha della vita [...] L'odio contro il “mondo”, la maledizione delle passioni, la paura della bellezza e della sensualità, un al di là inventato per meglio calunniare l'al di qua [...] una “volontà di morte” [...] giacché di fronte alla morale [...] la vita deve avere costantemente e inevitabilmente torto».
Ecco perché il suo istinto si è volto contro la morale, elaborando una controdottrina in chiave estetica, chiamandola, da filologo e uomo di parole, con il nome di un dio greco: dionisiaca.
Per quanto riguarda la condanna delle passioni e in particolare dell’amore così Nietzsche si esprime in Al di là del bene e del male, Prefazione:
Il cristianesimo è un platonismo per il «popolo».
E più avanti (capitolo quarto, 168):
Il cristianesimo dette da bere a Eros del veleno – costui in verità non ne morì, ma degenerò in vizio.
L’attribuzione al cristianesimo di un sentimento contrario alla vita non è originale di Nietzsche, perché lo troviamo già in Tacito, Annales, XV, 44; in seguito all’incendio che si scatenò a Roma nel 64 sotto il principato di Nerone, le accuse ricadono sui cristiani, con questa chiosa dello storiografo:
igitur primum correpti qui fatebantur, deinde indicio eorum multitudo ingens haud proinde in crimine incendii quam odio humani generis convicti sunt.
«dunque dapprima furono arrestati coloro che si professavano (cristiani), poi su denuncia di quelli, in grande quantità furono condannati non meno per l'accusa di incendio che per odio del genere umano».
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