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(in aggiornamento)
Anche quando le massime socratiche trovarono resistenza, furono tuttavia abbastanza forti da spingere la poesia su posizioni nuove. Un esempio è Platone,
egli, che nel condannare la tragedia e l’arte in genere non rimase certo indietro all’ingenuo cinismo del suo maestro, dovette tuttavia creare per assoluta necessità artistica una forma d’arte che è intimamente affine proprio alle forme d’arte vigenti da lui rigettate.
Abbiamo già visto nel Gorgia citato poco fa il disprezzo che Platone prova per la tragedia. Altri giudizi negativi si trovano in Repubblica, V, 475d:
οἵ τε φιλήκοοι ἀτοπώτατοί τινές εἰσιν ὥς γ᾽ ἐν φιλοσόφοις τιθέναι, οἳ πρὸς μὲν λόγους καὶ τοιαύτην διατριβὴν ἑκόντες οὐκ ἂν ἐθέλοιεν ἐλθεῖν, ὥσπερ δὲ ἀπομεμισθωκότες τὰ ὦτα ἐπακοῦσαι πάντων χορῶν περιθέουσι τοῖς Διονυσίοις οὔτε τῶν κατὰ πόλεις οὔτε τῶν κατὰ κώμας ἀπολειπόμενοι.
«E gli amanti dell'ascolto sono dei tipi stranissimi da porre tra i filosofi, essi che non vorrebbero andare volontariamente verso discorsi e occupazioni del genere, mentre, come se avessero dato in affitto le orecchie, corrono in giro ad ascoltare tutti i cori alle Dionisie, non mancando né a quelle di città né a quelle di campagna».
Interessante anche la considerazione che si trova in Leggi 701a, dove se la prende con lo strapotere dei teatri:
τὰ θέατρα ἐξ ἀφώνων φωνήεντ' ἐγένοντο, ὡς ἐπαΐοντα ἐν μούσαις τό τε καλὸν καὶ μή, καὶ ἀντὶ ἀριστοκρατίας ἐν αὐτῇ θεατροκρατία τις πονηρὰ γέγονεν.
«i teatri da silenziosi sono diventati risonanti di voci, come se comprendessero ciò che è bello e ciò che non lo è nelle opere poetiche, si è prodotta al posto di un’aristocrazia del gusto una maligna teatrocrazia».
La critica di Platone all’arte precedente era sostanzialmente di essere imitazione di un’imitazione. Tale teoria è enunciata all’inizio del X libro della repubblica. Questa era dunque la cosa da evitare assolutamente: da qui il tentativo di trascendere la realtà e rappresentare l’dea che vi sta alla base. In questo modo però torna alle sue origini di poeta, dove Sofocle e tutta l’arte antica protestavano contro quel rimprovero. Se la tragedia aveva assorbito e fuso insieme i precedenti generi, analogamente fa il dialogo platonico, a metà tra narrazione, lirica, dramma, fra prosa e poesia.
Il dialogo platonico fu per così dire la barca su cui la poesia antica naufraga si salvò con tutte le sue creature… ha fornito a tutta la posterità il modello del romanzo: questo si può definire come una favola esopica infinitamente sviluppata, in cui la poesia vive rispetto alla filosofia dialettica in un rapporto gerarchico simile a quello in cui per molti secoli la stessa filosofia ha vissuto rispetto alla teologia, come ancilla.
Qui il pensiero filosofico sovrasta l’arte; la tendenza apollinea si è ridotta a schematismo logico, come in Euripide quella dionisiaca si è ridotta a passione naturalistica.
Socrate, l’eroe dialettico del dramma platonico, ci ricorda la natura affine dell’eroe euripideo, che deve difendere le sue azioni con ragioni e controragioni.
Senza la sfumatura negativa, è su questa linea anche Bruno Snell (La cultura greca e le origini del pensiero occidentale, Aristofane e l'estetica, pp. 185-6):
Euripide porta la coscienza morale a una nuova crisi... Così al posto del conflitto drammatico abbiamo discussioni di uomini per i quali la vita stessa è diventata oggetto di dubbio. E così dalla tragedia si passa al dialogo filosofico-morale. Se la tragedia più tarda porta alla riflessione astrattamente razionale degli oggetti che rappresentava una volta in figure vive, essa non fa che seguire una legge storica dello spirito greco; anche le altre grandi forme di poesia hanno aperto la via all'osservazione scientifica. L'epopea porta alla storia; la poesia teogonia e cosmogonia sfocia nella filosofia naturale ionica che ricerca l'ἀρχή, la ragione e il principio delle cose; dalla poesia lirica si sviluppano i problemi riguardanti lo spirito e il significato delle cose. Così la tragedia preannunzia la filosofia attica, il cui interesse principale è rivolto all'azione umana, al bene. I dialoghi di Platone riprendono le discussioni dei personaggi della tragedia.
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