sabato 4 gennaio 2025

Pallidi e abbronzati – Euripide, Baccanti – testo traduzione e commento – Maturità 2025 – 2° episodio: vv. 451-460 (aggiornamento al v. 458)

 

Πε. μέθεσθε χειρῶν τοῦδ'· ἐν ἄρκυσιν γὰρ ὢν

οὐκ ἔστιν οὕτως ὠκὺς ὥστε μ' ἐκφυγεῖν.

ἀτὰρ τὸ μὲν σῶμ' οὐκ ἄμορφος εἶ, ξένε,

ὡς ἐς γυναῖκας, ἐφ' ὅπερ ἐς Θήβας πάρει·

πλόκαμός τε γάρ σου ταναὸς οὐ πάλης ὕπο,         455

γένυν παρ' αὐτὴν κεχυμένος, πόθου πλέως·

λευκὴν δὲ χροιὰν ἐκ παρασκευῆς ἔχεις,

οὐχ ἡλίου βολαῖσιν ἀλλ' ὑπὸ σκιᾶ

τὴν Ἀφροδίτην καλλονῇ θηρώμενος.

πρῶτον μὲν οὖν μοι λέξον ὅστις εἶ γένος.1


1 451-460: «Lasciate andare le sue mani: dato infatti che è nella rete / non è così veloce da sfuggirmi. / Comunque di corpo non sei brutto, straniero, / almeno per le donne, cosa per cui appunto sei qui a Tebe; / infatti i tuoi riccioli lunghi, non da lotta, / che si riversano proprio lungo la guancia, sono pieni di desiderio; / hai la pelle candida ad arte, / e non ai raggi del sole ma sotto l’ombra / dai la caccia ad Afrodite con la bellezza. / Dimmi dunque per prima cosa chi sei di stirpe».

451 – μέθεσθε: imperativo aoristo medio di μεθίημι. ἐν ἄρκυσιν: riprende la metafora dei vv. 434-436.

453-459 – Penteo distoglie lo sguardo dal soldato per studiare il prigioniero (ἀτὰρ segna il cambio di attenzione). Questi versi forniscono una di quelle descrizioni abbastanza dettagliate dei personaggi sulla scena che sono tipiche della tragedia degli ultimi tempi, un periodo in cui maschere e costumi erano più personalizzati e realistici; inoltre potrebbero anche essere considerati, in parte, come indicazioni di regia. Dodds riporta un’osservazione di Winnington-Ingram secondo cui “l’aspetto sensuale dello straniero è precisamente la forma in cui Dioniso doveva e poteva rivelarsi alla sensualità repressa di Penteo”. La femminilità di Dioniso (θηλύμορφον v. 353) non è però un’invenzione propria di Euripide. Aristofane cita la domanda dagli Edoni di Eschilo, (fr. 61, domanda qui rivolta a Dioniso prigioniero): Καί σ', ὦ νεανίσκ', εἴ τις εἶ, κατ' Αἰσχύλον / ἐκ τῆς Λυκουργείας ἐρέσθαι βούλομαι. / Ποδαπὸς ὁ γύννις;, «E tu, ragazzo, se in effetti lo sei, come recita / la Licurgeia di Eschilo voglio chiederti: / “Donde viene il tipo femmineo?”» (Tesmoforiazuse, 134-136); vedi inoltre la domanda del v. 460. La caratterizzazione di fanciullo è antica in letteratura quanto l’inno omerico, in cui Dioniso è così descritto νεηνίῃ ἀνδρὶ ἐοικὼς / πρωθήβῃ· καλαὶ δὲ περισσείοντο ἔθειραι /κυάνεαι, «simile a un ragazzo / nella prima giovinezza; i bei capelli ondeggiavano / scuri» (VII, 3-5), però qui ha anche στιβαροὶ ὦμοι, «spalle robuste», dunque pare che cominci ad assumere un carattere effemminato nel V secolo.

455 – οὐ πάλης ὕπο: questo uso della negazione riferita a una parola è un’invenzione del tardo V secolo e fu in seguito trovata particolarmente appropriata dai filosofi, come per esempio Platone (Teeteto, 201e οὐσίαν ἢ μὴ οὐσίαν, «essere o non essere») e Lucrezio (II, 930 scire licet gigni posse ex non sensibus sensus, «è possibile sapere che il senso può nascere dal non senso»). I capelli corti erano tipici degli atleti, sicuramente per comodità ma forse anche come segno di mascolinità. A tal proposito si può notare che Elettra argomenta probabilmente sulla base di questa usanza che non si può desumere una parentela confrontando i capelli di un fratello e una sorella (Euripide, Elettra, vv. 527-529) ἔπειτα χαίτης πῶς συνοίσεται πλόκος, / ὁ μὲν παλαίστραις ἀνδρὸς εὐγενοῦς τραφείς, / ὁ δὲ κτενισμοῖς θῆλυς; ἀλλ' ἀμήχανον, «Poi come si confronterà una ciocca di capelli, / una cresciuta da un uomo nobile nelle palestre, / laltra femminile e pettinata? Ma è assurdo». Sono i versi con cui Euripide polemizza esplicitamente con il riconoscimento di Oreste nelle Coefore di Eschilo. Vedi scheda.

456 – κεχυμένος: participio perfetto medio passivo di χέω.

458 – Essere ἐσκιατροφηκώς, «cresciuto nell’ombra» (umbraticus in latino, come il doctor del Satyricon di Petronio) era un segno di mollezza femminile, come risulta da Platone, Repubblica, 556d-e (sta descrivendo il passaggio dall’oligarchia alla democrazia): ὅταν παραβάλλωσιν ἀλλήλοις οἵ τε ἄρχοντες καὶ οἱ ἀρχόμενοι […] μηδαμῇ ταύτῃ καταφρονῶνται οἱ πένητες ὑπὸ τῶν πλουσίων, ἀλλὰ πολλάκις ἰσχνὸς ἀνὴρ πένης, ἡλιωμένος, παραταχθεὶς ἐν μάχῃ πλουσίῳ ἐσκιατροφηκότι, πολλὰς ἔχοντι σάρκας ἀλλοτρίας, ἴδῃ ἄσθματός τε καὶ ἀπορίας μεστόν, ἆρ' οἴει αὐτὸν οὐχ ἡγεῖσθαι κακίᾳ τῇ σφετέρᾳ πλουτεῖν τοὺς τοιούτους, καὶ ἄλλον ἄλλῳ παραγγέλλειν, ὅταν ἰδίᾳ συγγίγνωνται, ὅτι “Ἇνδρες ἡμέτεροι· [e] εἰσὶ γὰρ οὐδέν;”, «qualora stiano al fianco l’uno dell’altro i governanti e i governati […] e non siano in alcun modo disprezzati i poveri dai ricchi, ma spesso un uomo povero forte, abbronzato dal sole, schierato in battaglia al fianco di uno ricco cresciuto nell’ombra, che ha molta carne in eccesso, lo veda pieno di affanno e incertezza, non credi che egli pensi che siffatti individui sono ricchi per un difetto suo, e che uno dica all’altro, qualora si trovino per conto loro: “Uomini in nostro potere: non valgono nulla infatti”?»; Fedro, 239c (dove si descrive l’amante possessivo ὃς ἡδὺ πρὸ ἀγαθοῦ ἠνάγκασται διώκειν, «che è costretto a inseguire il piacere al posto del bene»): ὀφθήσεται δὴ μαλθακόν τινα καὶ οὐ στερεὸν διώκων, οὐδ' ἐν ἡλίῳ καθαρῷ τεθραμμένον ἀλλὰ ὑπὸ συμμιγεῖ σκιᾷ, πόνων μὲν ἀνδρείων καὶ ἱδρώτων ξηρῶν ἄπειρον, ἔμπειρον δὲ ἁπαλῆς καὶ ἀνάνδρου [d] διαίτης, «ebbene sarà visto corteggiare uno rammollito e non sodo, e che non è cresciuto nel puro sole, ma sotto la densa ombra, inesperto di virili fatiche e di sudori che asciugano, ma esperto di una condotta delicata e non virile»»; Aristofane, Vespe, 1413: γυναικὶ κλητεύεις ἐοικὼς θαψίνῃ, «citi in giudizio tu che assomigli a una pallida femmina». Essere abbronzati invece era un segno di mascolinità, come si legge in Repubblica, 474e: μέλανας δὲ ἀνδρικοὺς ἰδεῖν, «quelli scuri sono virili a vedersi».



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