Secondo episodio – vv. 434-518
Un soldato (indicato come servitore), Penteo, lo straniero (cioè Dioniso).
Un soldato con uno o più compagni entrano dalla parte destra rispetto al pubblico (in quanto stanno arrivando dalla città, v. 352); con loro c’è lo straniero, tenuto per le braccia.
È possibile che Penteo sia rimasto sulla scenna durante la parodo.
Questa è la prima delle tre scene tra uomo e dio, tra Penteo e lo straniero. Esse formano una sorta di trittico, armoniosamente costruito secondo uno schema simmetrico di antitesi in cui l’arte classica ama esprimersi. In questo primo breve incontro il forte recita la parte del debole mentre il debole si inganna sul forte e si finisce con la completa ma apparente vittoria dell’uomo sulla creatura soprannaturale. La lunga scena centrale (642-861), presenta il processo attraverso il quale la relazione a poco a poco si rovescia. La terza scena (912-976), di nuovo corta, mostra rovesciamento completato. Questo conflitto, nelle sue tre fasi, è il cuore drammatico della tragedia: tutto il resto culmina in esso o scaturisce da esso. – Nella calma e nel paziente coraggio che lo straniero esibisce qui di fronte alle beffe e alle minacce di Penteo, Orazio percepì un simbolo della superiorità della forza morale su quella fisica, attribuendo, in Epistulae, I, 16, (vv. 73 sqq.) due versi pronunciati dallo straniero a un saggio stoico: Vir bonus et sapiens audebit dicere: ‘Pentheu, / rector Thebarum, quid me perferre patique / indignum coges?’1, εἴφ' ὅτι παθεῖν δεῖ· τί με τὸ δεινὸν ἐργάσῃ;2 (492); ‘Ipse deus, simul atque uolam, me soluet.’3, λύσει μ' ὁ δαίμων αὐτός, ὅταν ἐγὼ θέλω4 (498). Altrettanto farà due secoli più tardi Clemente Alessandrino mettendo il bocca a Cristo (4, 25, 162, 3) altri versi (470, 472, 474, 476).
Si può concludere che la simpatia del pubblico antico, come anche di quello moderno, andava in questa scena al prigioniero. Come il soldato, egli è un campione del πλῆθος φαυλότερον nel cui buon senso intuitivo il Coro ha appena espresso la sua fiducia. Il resoconto dell’arresto dello straniero mostra che egli possiede l’αίδώς (441 κἀγὼ δι' αἰδοῦς εἶπον, «ed io per pudore dissi»), quella sensibilità morale che il suo padrone schernisce (263 τῆς δυσσεβείας. ὦ ξέν', οὐκ αἰδῇ θεοὺς, «che empietà! Straniero, tu non hai rispetto per gli dèi», sono parole del coro a Penteo).
1 «Un uomo virtuoso e saggio oserà dire: “Penteo, / reggitore di Tebe, quale punizione immeritata mi costringi / a sopportare e subire?»
2 «Di’ cosa devo subire: cosa mi farai di terribile?».
3 «Il dio stesso, non appena io lo voglia, mi libererà».
4 «Mi libererà il dio in persona, qualora io lo volessi».
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