venerdì 3 gennaio 2025

Il riconoscimento nella tragedia e nelle Baccanti

Il riconoscimento nella tragedia

Aristotele nella Poetica individua come i due elementi fondamentali nella trama di una tragedia il rovesciamento, o peripezia, e il riconoscimento: τὰ μέγιστα οἷς ψυχαγωγεῖ ἡ τραγῳδία τοῦ μύθου μέρη ἐστίν, αἵ τε περιπέτειαι καὶ ἀναγνωρίσεις, «Gli elementi più importanti con cui la tragedia seduce sono parti del racconto, cioè i rovesciamenti e i riconoscimenti» (1450a). Poi ne dà una definizione: Ἔστι δὲ περιπέτεια μὲν ἡ εἰς τὸ ἐναντίον τῶν πραττομένων μεταβολὴ καθάπερ εἴρηται, καὶ τοῦτο δὲ ὥσπερ λέγομεν κατὰ τὸ εἰκὸς ἢ ἀναγκαῖον, οἷον ἐν τῷ Οἰδίποδι ἐλθὼν ὡς εὐφρανῶν τὸν Οἰδίπουν καὶ ἀπαλλάξων τοῦ πρὸς τὴν μητέρα φόβου, δηλώσας ὃς ἦν, τοὐναντίον ἐποίησεν, «Il rovesciamento è un cambiamento delle azioni compiute nel contrario, come si è detto, e questo, come diciamo, secondo verosimiglianza e necessità, come nell’Edipo quello giunto a rallegrare Edipo e ad allontanarlo dalla paura per la madre, chiarendo chi era, ha prodotto il contrario». […] ἀναγνώρισις δέ, ὥσπερ καὶ τοὔνομα σημαίνει, ἐξ ἀγνοίας εἰς γνῶσιν μεταβολή […] καλλίστη δὲ ἀναγνώρισις, ὅταν ἅμα περιπετείᾳ γένηται, οἷον ἔχει ἡ ἐν τῷ Οἰδίποδι, «Il riconoscimento invece, come anche la parola significa, è un cambiamento dall’ignoranza alla conoscenza […] e il riconoscimento più bello è qualora avvenga insieme al rovesciamento, come è quello nell’Edipo» (1452a).

Ci sono poi vari tipi di riconoscimento: attraverso segni, quelli operati dal poeta, grazie alla memoria e un quarto ἐκ συλλογισμοῦ, οἷον ἐν Χοηφόροις, «per deduzione, come nelle Coefore» (1455a). Questo episodio è particolarmente famoso perché è ripreso dagli altri due tragediografi: è criticato implicitamente da Sofocle ed esplicitamente da Euripide nelle rispettive Elettra. Si tratta del riconoscimento di Oreste da parte della sorella Elettra; i versi in questione sono:


Eschilo, Coefore, vv. 168-178

Ηλ. ὁρῶ τομαῖον τόνδε βόστρυχον τάφῳ.

«vedo qui un ricciolo reciso sul sepolcro».

Χο. τίνος ποτ' ἀνδρὸς ἢ βαθυζώνου κόρης;

«di quale uomo mai o di quale fanciulla dalla bassa cintura?»

Ηλ. εὐξύμβολον τόδ' ἐστὶ παντὶ δοξάσαι.

«questa è una congettura facile da formulare per chiunque»

Χο. πῶς οὖν παλαιὰ παρὰ νεωτέρας μάθω;

«Dunque dovrei imparare io vecchia da una più giovane?»

Ηλ. οὐκ ἔστιν ὅστις πλὴν ἐμοῦ κείραιτό νιν.

«Non c’è nessuno tranne me che potrebbe esserselo tagliato».

Χο. ἐχθροὶ γὰρ οἷς προσῆκε πενθῆσαι τριχί.

«Sono ostili infatti coloro ai quali conveniva esprimere il lutto con una ciocca di capelli».

Ηλ. καὶ μὴν ὅδ' ἐστὶ κάρτ' ἰδεῖν ὁμόπτερος ‑

«E certamente, a vederlo, questo ricciolo è del tutto simile».

Χο. ποίαις ἐθείραις; τοῦτο γὰρ θέλω μαθεῖν.

«A quali capelli? questo infatti voglio sapere».

Ηλ. αὐτοῖσιν ἡμῖν κάρτα προσφερὴς ἰδεῖν.

«Del tutto somigliante proprio ai miei a vederlo».

Χο. μῶν οὖν Ὀρέστου κρύβδα δῶρον ἦν τόδε;

«Dunque era forse un dono di Oreste questo, fatto segretamente?»

Ηλ. μάλιστ' ἐκείνου βοστρύχοις προσείδεται.

«Assomiglia moltissimo ai riccioli di quello».


vv. 205-206

καὶ μὴν στίβοι γε, δεύτερον τεκμήριον,

ποδῶν ὅμοιοι τοῖς τ' ἐμοῖσιν ἐμφερεῖς.

«e ancora un secondo indizio, delle impronte / di piedi uguali e coincidenti con i miei».


Sofocle, Elettra, vv. 900-904

ἐσχάτης δ' ὁρῶ

πυρᾶς νεώρη βόστρυχον τετμημένον·

κεὐθὺς τάλαιν' ὡς εἶδον, ἐμπαίει τί μοι

ψυχῇ σύνηθες ὄμμα, φιλτάτου βροτῶν

πάντων Ὀρέστου τοῦθ' ὁρᾶν τεκμήριον·

«vedo all’estremità / del sepolcro un ricciolo reciso di recente; / e non appena l’ho vista, infelice, mi colpisce / nell’anima un’immagine familiare, questo a vederlo è / un indizio di Oreste, il più caro tra i mortali».


Subito però Elettra viene smentita dalla notizia che Oreste è morto e l’attenzione si sposta sulla sua condizione di donna umiliata. Solo dopo che Oreste avrà appurato la purezza del cuore della sorella si farà riconoscere, non però dai capelli, bensì dal sigillo che porta al dito:


vv. 1221-1222

ΟΡ. Τήνδε προσβλέψασά μου

σφραγῖδα πατρὸς ἔκμαθ' εἰ σαφῆ λέγω.

«Osserva questo sigillo di mio padre e impara se dico la verità».


Nella versione di Euripide Oreste, presentatosi in incognito, viene ospitato da Elettra nella sua umile casa; le parole che seguono sono di un vecchio servitore di Agamennone che ha portato un agnello per gli ospiti ed è passato dl sepocro di Agamennone.

Euripide, Elettra, vv. 513-15

πυρᾶς δ' ἔπ' αὐτῆς οἶν μελάγχιμον πόκῳ

σφάγιον ἐσεῖδον αἷμά τ' οὐ πάλαι χυθὲν

ξανθῆς τε χαίτης βοστρύχους κεκαρμένους.

«Proprio sul sepolcro vidi una pecora nera / di pelo sgozzata e sangue versato da non molto / e riccioli recisi di capelli biondi».

vv. 518-523

ἀλλ’ ἦλθ’ ἴσως που σὸς κασίγνητος λάθρᾳ,

μολὼν δ’ ἐθαύμασ’ ἄθλιον τύμβον πατρός.

σκέψαι δὲ χαίτην προστιθεῖσα σῇ κόμῃ,

εἰ χρῶμα ταὐτὸν κουρίμης ἔσται τριχός·

φιλεῖ γάρ, αἷμα ταὐτὸν οἷς ἂν ᾖ πατρός,

τὰ πόλλ’ ὅμοια σώματος πεφυκέναι.

«Ma forse è arrivato in qualche modo di nascosto tuo fratello, / e una volta giunto ha onorato la tomba del povero padre. /Ma avvicina la ciocca alla tua chioma e guarda, / se il colore sarà il medesimo del capello tagliato: / Sono soliti infatti, per chi ha il medesimo sangue del padre, essere simili per natura la maggior parte dei tratti somatici».


La risposta di Elettra al vecchio è fulminante (vv. 524-531):

Ηλ. οὐκ ἄξι' ἀνδρός, ὦ γέρον, σοφοῦ λέγεις,

εἰ κρυπτὸν ἐς γῆν τήνδ' ἂν Αἰγίσθου φόβῳ

δοκεῖς ἀδελφὸν τὸν ἐμὸν εὐθαρσῆ μολεῖν.

ἔπειτα χαίτης πῶς συνοίσεται πλόκος,

ὁ μὲν παλαίστραις ἀνδρὸς εὐγενοῦς τραφείς,

ὁ δὲ κτενισμοῖς θῆλυς; ἀλλ' ἀμήχανον.

πολλοῖς δ' ἂν εὕροις βοστρύχους ὁμοπτέρους

καὶ μὴ γεγῶσιν αἵματος ταὐτοῦ, γέρον.

«Vecchio, dici cose indegne di un uomo saggio, / se credi che mio fratello che è coraggioso possa essere giunto / in questa terra di nascosto per paura di Egisto. / Poi come si confronterà una ciocca di capelli, / una cresciuta da un uomo nobile nelle palestre, / l’altra femminile e pettinata? Ma è assurdo. / Puoi trovare riccioli simili in molti / anche se non sono nati dal medesimo sangue, vecchio».


Tornando ad Aristotele questa è la sua conclusione sul riconoscimento:

1455a

πασῶν δὲ βελτίστη ἀναγνώρισις ἡ ἐξ αὐτῶν τῶν πραγμάτων, τῆς ἐκπλήξεως γιγνομένης δι' εἰκότων, οἷον ἐν τῷ Σοφοκλέους Οἰδίποδι καὶ τῇ Ἰφιγενείᾳ.

«Ma il riconoscimento più bello di tutti è quello che risulta dalle azioni stesse, essendoci la sorpresa mediante somiglianze, come nell’Edipo di Sofocle e nell’Ifigenia».


Qui nelle Baccanti possiamo individuare 3 situazioni: l’iniziale mancato riconoscimento di Penteo da parte di Agave con il conseguente σπαραγμός di Penteo (vv. 1118 sqq.); il riconoscimento tardivo di Penteo da parte di Agave (vv. 1279 sqq.); un secondo riconoscimento, ancora una volta tardivo, di Dioniso  da parte dei Tebani (vv. 1340 sqq., in particolare 1344-1345  Κα. Διόνυσε, λισσόμεσθά σ', ἠδικήκαμεν. / Δι. ὄψ' ἐμάθεθ' ἡμᾶς, ὅτε δ' ἐχρῆν οὐκ ᾔδετε, «Ca. Dioniso, ti preghiamo, abbiamo sbagliato. Di. Tardi ci avete riconosciuto, quando era necessario, non ne volevate sapere».

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