ἔνθα δὴ φόβων, ἔφη, πολλῶν καὶ παντοδαπῶν σφίσι γεγονότων, τοῦτον ὑπερβάλλειν, μὴ γένοιτο ἑκάστῳ τὸ φθέγμα ὅτε ἀναβαίνοι, καὶ ἁσμενέστατα ἕκαστον σιγήσαντος ἀναβῆναι. καὶ τὰς μὲν δὴ δίκας τε καὶ τιμωρίας τοιαύτας τινὰς [b] εἶναι, καὶ αὖ τὰς εὐεργεσίας ταύταις ἀντιστρόφους.
«Qua dunque, disse, tra le molte e varie paure che avevano patito, questa le superava, cioè che ci fosse per ciascuno, di volta in volta, la voce quando risalissero, e quando taceva ciascuno risaliva nella massima letizia. E tali erano in certo modo i giudizi e le punizioni, e viceversa i benfici corrispondenti a queste».
ἐπειδὴ δὲ τοῖς ἐν τῷ λειμῶνι ἑκάστοις ἑπτὰ ἡμέραι γένοιντο, ἀναστάντας ἐντεῦθεν δεῖν τῇ ὀγδόῃ πορεύεσθαι, καὶ ἀφικνεῖσθαι τεταρταίους ὅθεν καθορᾶν ἄνωθεν διὰ παντὸς τοῦ οὐρανοῦ καὶ γῆς τεταμένον φῶς εὐθύ, οἷον κίονα, μάλιστα τῇ ἴριδι προσφερῆ, λαμπρότερον δὲ καὶ καθαρώτερον·
«Dopo che furono trascorsi sette giorni per ciascuno di quelli che erano nel prato, alzatisi da lì dovevano all’ottavo incamminarsi, e giungere dopo quattro giorni in un luogo da cui scorgevano dall’alto attraverso tutto il cielo e la terra una luce tesa, dritta come una colonna, del tutto simile all’arcobaleno, ma più brillante e pura».
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