martedì 4 marzo 2025

Hegel – Antigone di Sofocle – Maturità 2025

 


Esteticatrad. it. di Nicola Merker e Nicola Vaccaro, Torino, Einaudi, 1967


pp. 1360-1361

In primo luogo, va particolarmente messo in rilievo il fatto che se il fondamento vero e proprio delle collisioni è costruito dall’unilateralità del pathos, ciò significa solo che l’unilateralità è entrata nel vivo agire ed è quindi divenuta pathos unico di un individuo determinato. Se l’unilateralità deve essere superata, è dunque questo individuo che, nella misura in cui ha agito come l’unico pathos, deve essere soppresso e sacrificato. Infatti l’individuo è solo quest’unica vita, e se questa non vale saldamente per sé come tale, l’individuo è infranto.

Il genere più compiuto di questo sviluppo è possibile allorquando gli individui in conflitto si presentano, secondo la loro concreta esistenza, ognuno in se stesso come totalità, cosicché in se stessi si trovano in potere di ciò che combattono, violando quindi ciò che, conformemente alla loro esistenza, dovrebbero onorare. Così per es., Antigone vive sotto il potere statale di Creonte; ella stessa è figlia del re e promessa di Emone, così dovrebbe ubbidienza al comando del principe. Ma anche Creonte che è dal canto suo padre e sposo, dovrebbe rispettare la santità del sangue, e non comandare ciò che è contrario a questa pietà. Così in entrambi è immanente ciò contro cui si ergono rispettivamente, ed essi vengono presi e infranti da ciò che appartiene alla cerchi stessa della loro esistenza. Antigone subisce la morte prima di avere gioito della danza nunziale, ma anche Creonte viene punito nel figlio e nella moglie, che si danno la morte, il primo per quella di Antigone, l’altra per quella di Emone. Di tutti i capolavori del mondo antico e moderno – li conosco più o meno tutti ed ognuno dovrebbe e potrebbe conoscerli – l’Antigone mi pare per questo aspetto come l’opera d’arte più eccellente e più soddisfacente.

L’esito tragico non ha però sempre bisogno della morte dei protagonisti per sopprimere le due unilateralità ed il loro grande onore. È noto infatti che le Eumenidi non terminano con la morte di Oreste o con la rovina delle Eumenidi, queste vendicatrici del sangue materno e della pietà di fronte ad Apollo, che vuole salvaguardare la dignità e il rispetto del capo di famiglia e del re e che ha istigati Oreste ad uccidere Clitennestra; ma ad Oreste la punizione viene condonata e ad entrambi le divinità è fatto onore.


p. 522

L’interesse familiare ha come pathos la donna, Antigone; la salute della comunità Creonte, l’uomo. Polinice, combattendo contro la propria città natale, era caduto di fronte alle porte di Tebe; Creonte, il sovrano, minaccia di morte, con una legge pubblicamente bandita, chiunque dia l’onore della sepoltura a quel nemico della città. Ma di quest’ordine che riguarda solo il bene pubblico dello Stato, Antigone non si cura, e come sorella adempie al sacro dovere della sepoltura, per la pietà del suo amore per il fratello. Ella invoca in tal caso la legge degli dèi; ma gli dei che onora sono gli dèi inferi dell’Ade (Sofocle, Antigone, 451: ἡ ξύνοικος τῶν κάτω θεῶν Δίκη), quelli interni del sentimento, dell’amore del sangue, non gli dèi della luce, della libera ed autocosciente vita statale e popolare.



Lezioni sulla filosofia della religione, II, 3, a


Il fato è ciò che è privo di pensiero, di concetto; ciò in cui la giustizia e l’ingiustizia scompaiono nell’astrazione. Nella tragedia, invece, il destino opera entro la sfera della Giustizia etica. Tale concetto viene espresso nella forma più sublime dalle tragedie di Sofocle. In esse si discute sia del destino che della necessità. Il destino degli individui è rappresentato come qualcosa di incomprensibile, ma la necessità non è giustizia cieca: essa è, al contrario, considerata come giustizia vera. Proprio per questo motivo, queste tragedie sono le immortali “opere dello spirito”( Geisteswerke), dell’intelligenza etica e della comprensione, e i modelli eterni del concetto etico. Il destino cieco è qualcosa di insoddisfacente. In queste tragedie sofoclee la giustizia è afferrata dal pensiero. (…) Lo scontro tra i più alti poteri morali è realizzato in modo plastico in quell’exemplum assoluto di tragedia che è l’Antigone. Qui, l’amore della famiglia, la santità, l’interiorità, che appartengono al sentimento intimo, e perciò sono conosciute anche come la legge degli dèi inferi, si scontrano con il diritto dello Stato (Recht des Staats). Creonte non è un tiranno, ma rappresenta effettivamente una potenza etica (eine sittliche Macht). Creonte non ha torto. Egli ritiene che la legge dello Stato, l’autorità del governo debbano essere rispettate, e che la violazione della legge debba essere seguita dal castigo. Ciascuna di queste due parti realizza (verwiklicht) solo uno dei poteri etici e ne ha per contenuto esclusivamente uno. In questo consiste la loro unilateralità. Il significato della giustizia eterna è così reso manifesto: entrambi conseguono l’ingiustizia perché sono unilaterali, ma entrambi conseguono anche la giustizia. Entrambi vengono riconosciuti come “validi” nel corso “limpido” della moralità (im ungetrübten Gang der Sittlichkeit). Qui, entrambi hanno il loro valore, ma si tratta di un valore equiparato.. Solo la giustizia si fa avanti contro l’unilateralità.

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