δεῖ γὰρ πόλιν τήνδ' ἐκμαθεῖν, κεἰ μὴ θέλει,
ἀτέλεστον οὖσαν τῶν ἐμῶν βακχευμάτων, 40
Σεμέλης τε μητρὸς ἀπολογήσασθαί μ' ὕπερ
φανέντα θνητοῖς δαίμον' ὃν τίκτει Διί.
Κάδμος μὲν οὖν γέρας τε καὶ τυραννίδα
Πενθεῖ δίδωσι θυγατρὸς ἐκπεφυκότι,
ὃς θεομαχεῖ τὰ κατ' ἐμὲ καὶ σπονδῶν ἄπο 45
ὠθεῖ μ' ἐν εὐχαῖς τ' οὐδαμοῦ μνείαν ἔχει.1
ὧν οὕνεκ' αὐτῷ θεὸς γεγὼς ἐνδείξομαι
πᾶσίν τε Θηβαίοισιν. ἐς δ' ἄλλην χθόνα,
τἀνθένδε θέμενος εὖ, μεταστήσω πόδα,
δεικνὺς ἐμαυτόν· ἢν δὲ Θηβαίων πόλις 50
ὀργῇ σὺν ὅπλοις ἐξ ὄρους βάκχας ἄγειν
ζητῇ, ξυνάψω μαινάσι στρατηλατῶν.2
ὧν οὕνεκ' εἶδος θνητὸν ἀλλάξας ἔχω
μορφήν τ' ἐμὴν μετέβαλον εἰς ἀνδρὸς φύσιν.3
ἀλλ', ὦ λιποῦσαι Τμῶλον, ἔρυμα Λυδίας, 55
θίασος ἐμός, γυναῖκες ἃς ἐκ βαρβάρων
ἐκόμισα παρέδρους καὶ ξυνεμπόρους ἐμοί,
αἴρεσθε τἀπιχώρι' ἐν Φρυγῶν πόλει
τύμπανα, Ῥέας τε μητρὸς ἐμά θ' εὑρήματα,
βασίλειά τ' ἀμφὶ δώματ' ἐλθοῦσαι τάδε 60
κτυπεῖτε Πενθέως, ὡς ὁρᾷ Κάδμου πόλις.4
ἐγὼ δὲ βάκχαις, ἐς Κιθαιρῶνος πτυχὰς
ἐλθὼν ἵν' εἰσί, συμμετασχήσω χορῶν.5
1 39-46: «Bisogna infatti che questa città comprenda, anche se non vuole, / che non è iniziata ai miei riti bacchici, / e bisogna che io difenda mia madre Semele / manifestandomi ai mortali come divinità che ella / partorisce a Zeus. Cadmo allora autorità e imperio / li dà a Penteo nato dalla figlia, / il quale combatte la divinità del mio culto e mi caccia dalle / libagioni e nelle preghiere non mi menziona mai».
2 47-52: «Per queste ragioni mostrerò che sono un dio a lui/ e ai figli Tebani. Ma in un’altra terra, / dopo aver sistemato le faccende di qui, metterò piede, / mostrando me stesso; ma qualora la città dei Tebani in / preda all’ira cercasse in armi di spingere le baccanti / giù dal monte, attaccherò guidando un esercito di furie».
48 – ἐς δ' ἄλλην χθόνα: secondo Apollodoro (III, 5, 2) Dioniso andò da Tebe ad Argo, dove fu contrastato di nuovo e di nuovo maledisse le donne con la pazzia.
52 – ξυνάψω μαινάσι στρατηλατῶν: Penteo di fatto non cerca di recuperare le donne con la forza, sebbene sia sul punto di farlo (vv. 784, 809, 845); sicché le minacce del dio non si realizzano. Qualcuno ha visto in ciò l’indizio di una mancata revisione dell’opera in quanto Euripide avrebbe cambiato progetto nel corso della stesura senza aver avuto il tempo di rivedere il proplogo. Tuttavia è un vecchio trucco di Euripide riservare una sorpresa per il suo pubblico producendo una falsa aspettativa nel prologo (così i prologhi di Medea e Ippolito). Il punto è interessante poiché dimostra che l’elemento della sorpresa nella tecnica teatrale era in Grecia più importante di quanto si pensi comunemente.
3 53-54: «Perciò ho preso in cambio un aspetto mortale / e ho mutato la mia forma nella natura di un uomo».
– Alcuni hanno storto il naso per questa tautologia, ma c’è una buona ragione di ordine pratico: la necessità di rendere sufficientemente chiaro al pubblico che chi parla, accolto come un dio, sarà invece accolto come uomo dai personaggi del dramma.
53 – ἀλλάξας ἔχω: il cosiddetto schema Sophocleum, comune anche in Euripide. In Erodoto e nei tragici è equivalente ad un perfetto resultativo. Risulta da ἔχω + participio aoristo.
4 55-61: «Ma, o voi che avete lasciato lo Tmolo, baluardo di Lidia, / mio tiaso, donne che dai barbari / ho portato come mie assistenti e compagne, / sollevate i timpani usuali nella città dei Frigi, / invenzioni della madre Rea e mie, / e venendo qui intorno al palazzo reale / di Penteo fate rumore, affinché la città di Cadmo veda».
55 – Τμῶλον: il monte Tmolo, la grande catena che forma la spina dorsale della Lidia e domina Sardi e i bacini dei fiumi Ermo e Caistro. È una montagna sacra (v. 65, Eschilo, Persiani, 49), cioè le baccanti lidie praticavano la loro ὀρειβασία sulle sue alture. Le sue pendici erano famose per i vigneti, come attestato da Virgilio, Georgiche, II, 97-98: sunt et Aminneae uites, firmissima uina, / Tmolius adsurgit quibus, «ci sono anche li viti aminee, vini fortissimi, / davanti ai quali lo Tmolo si inchina».
56 – θίασος: è una parola di etimologia incerta, forse pre-greca. Può essere applicata a qualsiasi confraternita religiosa che aveva lo scopo di celebrare un culto privato e distinto da quello della città; però descrive in particolare l’unità organizzativa caratteristica della religione dionisiaca.
59 – τύμπανα: «tamburelli» o «timpani». Il τύμπανον era composto da un canestro coperto da una parte con del cuoio (v. 124 βυρσότονον κύκλωμα); qualche volta aveva dei piattini attaccati intorno, come nei tamburelli moderni. È insieme al flauto lo strumento caratteristico del culto orgiastico. Pare non avere avuto posto nel culto ufficiale di Dioniso ad Atene, che non era orgiastico. – Ῥέας … εὑρήματα: nella parodo ne verrà raccontata la storia (vv. 120 sqq.).
61 – ὁρᾷ: congiuntivo finale.
5 62-63: «Quanto a me insieme alle baccanti, dopo essere andato / alle balze del Citerone dove si trovano, parteciperò alle danze».
Nessun commento:
Posta un commento