mercoledì 4 dicembre 2024

Euripide, Baccanti – testo traduzione e commento – Maturità 2025 – Parodo: vv. 72-87 (strofe I)

 

ὦ μάκαρ, ὅστις εὐδαίμων

τελετὰς θεῶν εἰδὼς

βιοτὰν ἁγιστεύει

καὶ θιασεύεται ψυχὰν                                     75

ἐν ὄρεσσι βακχεύων

ὁσίοις καθαρμοῖσιν,1

τά τε ματρὸς μεγάλας ὄρ-

για Κυβέλας θεμιτεύων

ἀνὰ θύρσον τε τινάσσων                                80

κισσῷ τε στεφανωθεὶς

Διόνυσον θεραπεύει.2

ἴτε βάκχαι, ἴτε βάκχαι,

Βρόμιον παῖδα θεὸν θεοῦ

Διόνυσον κατάγουσαι                                     85

Φρυγίων ἐξ ὀρέων Ἑλλάδος εἰς εὐ-

ρυχόρους ἀγυιάς, τὸν Βρόμιον·3


1 72-77: «O beato, chi felice / i misteri degli dèi / conoscendo santifica la vita / e rende l’anima partecipe del tiaso / baccheggiando sui / monti con pie purificazioni,»
72-75 – Formule di beatitudine di questo tipo sono tradizionali nella poesia greca, ma nel linguaggio dei culti misterici hanno un significato più profondo: così l’Inno a Demetra (v. 480) dice di misteri eleusini: ὄλβιος ὃς τάδ' ὄπωπεν ἐπιχθονίων ἀνθρώπων, «beato chi tra gli uomini sulla terra ha visto queste cose»; Pindaro (fr. 121 Bowra) ὄλβιος ὅστις ἰδὼν κεῖν' εἶσ' ὑπὸ χθόν· / οἶδε μὲν βίου τελευτάν, / οἶδεν δὲ διόσδοτον ἀρχάν, «beato colui che avevdo visto queste cose va sotto terra; / conosce la fine della vita, conosce l’inizio dato da Zeus»; Sofocle (fr. 837 Pearson) ὡς τρισόλβιοι / κεῖνοι βροτῶν, οἳ ταῦτα δερχθέντες τέλη / μόλωσ ἐς Ἅιδου· τοῖσδε γὰρ μόνοις ἐκεῖ / ζῆν ἔστι, «tre volte beati / quelli tra i mortali, che avendo visto questi misteri / vadano nell’Ade: per questi soli infatti là / è possibile vivere». Questo passo, come quelli citati, basa la promessa di felicità su un’esperienza religiosa, ma la sua promessa, a differenza di quelle, è per questo mondo, non per il prossimo – la felicità che Dioniso dà è hic et nunc, qui e ora. μάκαρ descrive questa felicità dal punto di vista di un osservatore; εὐδαίμων (una delle parole chiave del dramma) esprime il concetto dal punto di vista di chi ne fa esperienza e ne suggerisce la ragione (avere un buon δαίμων). εἰδὼς: i culti misterici offrono ai loro adepti un genere di conoscenza da loro ritenuto potente, dalla quale i profani erano esclusi. θιασεύεται ψυχὰν: si riferisce al sentimento interiore di unità con il θίασος e mediante questo con il dio: questo fondersi della coscienza individuale in quella del gruppo è il fascino e il pericolo di ogni religione di tipo dionisiaco.
76 – ὄρεσσι: dativo omerico.
77 – καθαρμοῖσιν: purificazioni rituali, non morali. Questo lato della religione dionisiaca era specialmente sfruttato dall’orfismo, ma non dobbiamo vedere un riferimento all’orfismo né qui né altrove nel dramma.

2 78-82: «e le orge della grande madre / Cibele celebrando secondo il rito / vibrando in alto il tirso / e incoronato d’edera / venera Dioniso».
78-79 – È sorprendente trovare gli ὄργια di Dioniso così intimamente associati, se non prorpio identificati, con quelli dell’asiatica Cibele, il cui culto fu introdotto in Grecia per la prima volta nel quinto secolo a.C. La spigazione sembra essere che fin da tempi molto antichi la Dea Madre e il Dio Figlio erano adorati con danze e ὀρειβασία sotto nomi differenti su diferrenti montagne asiatiche e cretesi: la Madre era in Asia Minore Kubele o Dindymene o Zemelo, a Creta Rhea; il figlio era Sabazio o Bakkos o Diounsis o lo “Zeus” cretese. I Greci adottarono presto la cretese Rhea (che nel culto chiamavano usualmente ἡ Μήτηρ τῶν θεῶν o semplicemente ἡ Μήτηρ), e anche il frigio Dioniso; ma questi due, avendo un differente luogo di origine, non erano visti come una coppia madre-figlio e il loro culti e miti rimasero scollegati. Però nel quinto secolo immigrati asiatici portarono di nuovo la coppia divina in Grecia sotto il nome di Cibele e Sabazio, e li inclusero in un culto comune. Fu allora percepita la sostanziale identificazione di Rea con la Madre asiatica (cfr. vv. 120-134); e Dioniso, se non fu identificato con Sabazio fino a un’epoca tarda, fu tuttavia sentito in certo senso il Figlio della Madre, come mostrava anche la somiglianza del rituale. Il culto del Dioniso tracio senbra essere stato similmente collegato a quello della dea tracia Cotyto negli Edoni di Eschilo (f. 57). Il mito greco però, nel fare di Semele un principessa tebana, gli diede una madre umana; e i mitografi greci si ingegnarono per riordinare la confusione che ne risultò distinguendo il Dioniso figlio di Semele da Dioniso Sabazio, oppure, come fa Euripide qui (vv. 130 sqq.), cantando che il Dioniso tebano prese in prestito i suoi riti e la sua musica da Rea-Cibele.
80 – ἀνὰ τινάσσων: tmesi, intenzionalmente corrispondente a quella simile, nel medesimo punto (nono verso), dell’antistrofe κατὰ καλύψας (v. 96). Il tirso era brandito alto nella danza.
81 – sull’edera vedi nota al v. 25. Cfr. v. 177.

3 83-87: «Andate Baccanti, andate Baccanti, / a ricondurre Bromio, il dio figlio / di un dio, Dioniso, / dai monti Frigi alle vaste / contrade dell’Ellade, il Bromio;»
85 – κατάγουσαι: l’espressione è forse connessa con il rituale dei Καταγώγια, una festa dionisiaca celebrata in Ionia e, almeno nei tempi più tardi, ad Atene, che si pensava avesse preso il nomedal “riportare indietro” Dioniso in quanto dio della vegetazione annuale.

Nessun commento:

Posta un commento

Post in evidenza

La teoria della classe media – 1°

  La teoria della classe media Tale teoria, che attribuisce il primato morale a quello che oggi chiamiamo “ceto medio”, si trova espressa co...