πλήρεις δὲ θιάσοις ἐν μέσοισιν ἑστάναι
κρατῆρας, ἄλλην δ' ἄλλοσ' εἰς ἐρημίαν
πτώσσουσαν εὐναῖς ἀρσένων ὑπηρετεῖν,
πρόφασιν μὲν ὡς δὴ μαινάδας θυοσκόους,
τὴν δ' Ἀφροδίτην πρόσθ' ἄγειν τοῦ Βακχίου.1 225
1 221-225: «che pieni stanno in mezzo ai tiasi / i crateri, e che una qua una là andando a nascondersi / in un luogo appartato prestano servizio ai letti dei maschi, / con il pretesto che sono menadi addette ai sacrifici, / solo che mettono Afrodite davanti a Bacco».
221 – ἑστάναι: infinito perfetto di ἵστημι, con valore intransitivo.
222-223 – ἄλλην … ὑπηρετεῖν: a quanto pare accuse del genere erano rivolte nell’Atene dei tempi di Euripide ai nuovi culti misterici, come per esempio apprendiamo da Cicerone (De legibus, II, 37) a proposito del culto di Sabazio: Novos vero deos et in his colendis nocturnas pervigilationes sic Aristophanes facetissumus poeta veteris comoediae vexat, «Aristofane, spiritosissimo poeta della commedia antica, se la prende così con i nuovi dèi e le veglie notturne in cui questi vengono venerati». Questa potrebbe essere una delle ragioni per cui Penteo insiste sull’accusa (vv. 237 sq., 260 sq., 353 sq., 487) e vi ritorna (v. 957 sq.) anche dopo che questa si è dimostrata falsa grazie alla testimonianza di un testimone oculare (vv. 686 sq.). Ma questa insistenza sul tema del sesso è anche rivelatrice della psicologia di Penteo. Il suo atteggiamento nei confronti delle Baccanti non è di mera repulsione: diversamente da Ippolito, egli è il tetro puritano la cui passionalità è composta di orrore e desiderio inconscio, ed è questo ciò che lo conduce alla rovina, poiché si farà convincere da Dioniso ad andare sul Citerone spinto dalla voglia di sbirciare.
225 – ἄγειν: a rigor di logica ci vorrebbe un participio congiunto ἀγούσας, concordato con μαινάδας del verso precedente; solo che la rabbia non è logica, e la beffa finale guadagna in forza grazie al fatto di essere espressa nel medesimo costrutto di ἑστάναι e ὑπηρετεῖν.
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