sabato 30 novembre 2024

Aristotele, Poetica – 8

 

1456a

καὶ τὸν χορὸν δὲ ἕνα δεῖ ὑπολαμβάνειν τῶν ὑποκριτῶν, καὶ μόριον εἶναι τοῦ ὅλου καὶ συναγωνίζεσθαι μὴ ὥσπερ Εὐριπίδῃ ἀλλ' ὥσπερ Σοφοκλεῖ.

«E bisogna considerare il coro come uno degli attori, e che sia una parte dell’insieme e che partecipi all’azione, non come per Euripide ma come per Sofocle».


1458a

Λέξεως δὲ ἀρετὴ σαφῆ καὶ μὴ ταπεινὴν εἶναι.

«Virtù del linguaggio è essere chiaro e non sciatto».


Anche Orazio la pensa così: Ars poetica, 448-450

parum claris lucem dare coget1,

arguet ambigue dictum, mutanda notabit,

fiet Aristarchus.

«Costringerà a dare luce alle espressioni poco chiare, / spiegherà ciò che è stato detto ambiguamente, segnalerà le cose da cambiare, / diventerà un Aristarco».


1459a

ἔστιν δὲ μέγα μὲν τὸ ἑκάστῳ τῶν εἰρημένων πρεπόντως χρῆσθαι, […] πολὺ δὲ μέγιστον τὸ μεταφορικὸν εἶναι. μόνον γὰρ τοῦτο οὔτε παρ' ἄλλου ἔστι λαβεῖν εὐφυΐας τε σημεῖόν ἐστι· τὸ γὰρ εὖ μεταφέρειν τὸ τὸ ὅμοιον θεωρεῖν ἐστιν.

«È importante utilizzare convenientemente ciascuno delle figure dette, […] ma la cosa di gran lunga più importante è essere metaforici. Infatti solo questo non è possibile prenderlo da unaltra parte ed è segno di una natura ben fatta: il fare delle belle metafore infatti è osservare ciò che è simile2».


1460a

αὐτὴ ἡ φύσις διδάσκει τὸ ἁρμόττον αὐτῇ αἱρεῖσθαι.

«La natura stessa insegna a sciegliere ciò che le si adatta»


1460b

Σοφοκλῆς ἔφη αὐτὸς μὲν οἵους δεῖ ποιεῖν, Εὐριπίδην δὲ οἷοι εἰσίν.

«Sofocle diceva che egli rappresentava personaggi quali dovrebbero essere, Euripide quali sono».


1462a

ἡ τραγῳδία καὶ ἄνευ κινήσεως ποιεῖ τὸ αὑτῆς, ὥσπερ ἡ ἐποποιία· διὰ γὰρ τοῦ ἀναγινώσκειν φανερὰ ὁποία τίς ἐστιν.

«La tragedia anche senza movimento produce il suo effetto, come l’epica; infatti attraverso la lettura appare chiaramente quale è».


1 Il soggetto è colui che ha il compito di criticare con sincerità un lavoro per rilevarne i difetti.

2 Cfr. Aristotele, Reth., ΙΙΙ, 11, 5: καὶ ἐν φιλοσοφίᾳ τὸ ὅμοιον καὶ ἐν πολὺ διέχουσι θεωρεῖν εὐστόχου, «anche in filosofia osservare ciò che è simile anche nelle cose molto distanti è proprio di una persona perspicace». Il medesimo concetto si trova in Schopenhauer, Parerga e paralipomena II (capitolo ventitreesimo, sul mestiere dello scrittore e sullo stile, 289): «Le similitudini hanno un grande valore, in quanto riconducono un rapporto sconosciuto a uno notoInoltre ogni vero intendere consiste in ultima analisi in un afferrare rapportinon appena ho colto anche soltanto in due casi diversi lo stesso rapporto, io ho un concetto di tutta la sua specie il saperne fare di sorprendenti ma pertinenti è prova di profonda intelligenza».

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