III. IL POSTO DELLE BACCANTI NELL’OPERA DI EURIPIDE
Dopo la messa in scena dell’Oreste nella primavera del 408 Euripide lasciò Atene, per non tornare più: egli aveva accettato l’invito di Archelao, il re ellenizzante dei semi-barbari Macedoni, che era ansioso di rendere la sua corte un centro di cultura greca. Il poeta aveva più di 70 anni e, come abbiamo ragione di credere, era un uomo deluso. Se gli elenchi dei vincitori costituissero una prova, egli come drammaturgo era stato piuttosto privo di successo; era diventato il bersaglio dei poeti comici; e in un’Atene travagliata da venti anni di crescenti disastri bellici, la sua critica esplicita alla demagogia e al potere politico dovette procurargli molti nemici. Può esserci certamente del vero nella tradizione conservata in un frammento di Filodemo – φασὶν ἀχθόμενον αὐτὸν ἐπὶ τῷ σχεδὸν πάντας ἐπιχαίρειν πρὸς Ἀρχέλαον ἀπελθεῖν1. In Macedonia continuò a scrivere, mettendo in scena l’Archelao, un dramma su un antenato eponimo del suo ospite, che potè essere rappresentato nel nuovo teatro costruito da Archelao a Dione. E quando morì, nell’inverno del 407-406, tre nuove tragedie furono trovate fra le sue carte: le Baccanti, l’Alcmeone a Corinto (ora perduta) e l’Ifigenia in Aulide – quest’ultima forse incompiuta. In seguito questi drammi furono allestiti ad Atene dal figlio (o nipote) del poeta, Euripide il giovane, e vinsero il primo premio. La supposizione così creatasi che le Baccanti furono completate, se non concepite, in Macedonia ricava sostegno dai riferimenti elogiativi alla Pieria (vv. 409-11 n.) e alla valle del Ludia (vv. 568-75 n.) – regioni entrambe che Euripide verosimilmente visitò, perché Dione era situata nella prima e Ege, capitale della Macedonia, nella seconda. Non penso tuttavia che sia probabile che il dramma fosse in origine immaginata per un pubblico macedone: le allusioni a teorie e controversie contemporanee dei vv. 201-203, 270-271, 274 sqq., 890 sqq., e altrove (vedi commento), sono sicuramente indirizzate orecchie ateniesi; e noi abbiamo visto che in questo periodo il problema sociale della religione orgiastica era di forte attualità ad Atene almeno quanto in Macedonia.
1 De vitiis, col. 13, 4. Non è certo che queste parole si riferiscano ad Euripide, ma è altamente probabile. [N.d.T.] «Dicono che, amareggiato perché quasi tutti si rallegravano [dei suoi insuccessi], se ne andò da Archelao».
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