Che dire del divino Straniero? Egli sfoggia ovunque qualità antitetiche a quelle del suo antagonista umano: in ciò risiede la particolare efficacia delle scene di conflitto. Penteo è agitato, irascibile, pieno di una morbosa eccitazione; lo Straniero mantiene dall’inizio alla fine una calma imperturbabile e sorridente (ἡσυχία, vv. 621-622) – una calma che noi troviamo dapprima toccante, poi vagamente inquietante, alla fine indescrivibilmente sinistra (vv. 439, 1020-1023). Penteo fa affidamento su uno spiegamento di forze militari; l’unica arma dello Straniero è il potere invisibile che alberga dentro di lui. Alla σοφία del re, alla “ingegnosità” o “realismo”, che vorrebbe misurare ogni cosa col metro volgare di un’esperienza ordinaria, egli oppone un altro genere di σοφία, la saggezza che, essendo essa stessa una parte dell’ordine delle cose, conosce quell’ordine e il posto dell’uomo in esso. In tutti questi modi lo Straniero è caratterizzato come un personaggio soprannaturale, in contrasto col suo avversario fin troppo umano: ἡσυχία, σεμνότης1 e saggezza sono le qualità che sopra a tutte le altre gli artisti greci dell’età classica cercavano di incarnare nelle figure divine della loro immaginazione. Lo Straniero si comporta οἷα δὴ θεός, come un dio greco si comporterebbe: egli è il corrispondente di quell’essere sereno e pieno di dignità che noi vediamo su certi vasi a figure rosse, o in opere di scultura d’ispirazione attica2.
1 [N.d.T.] ἡσυχία «tranquillità, calma» e σεμνότης «dignità», in latino gravitas.
2 [N.d.T.] Era quello che diceva Winckelmann, Pensieri sull’imitazione dell’arte greca: «Infine, la generale e principale caratteristica dei capolavori greci è una nobile semplicità e una quieta grandezza, sia nella posizione che nell'espressione. Come la profondità del mare che resta sempre immobile per quanto agitata ne sia la superficie, l’espressione delle figure greche, per quanto agitate da passioni, mostra sempre un’anima grande e posata».
Nessun commento:
Posta un commento