Quest’ultimo fatto suggerisce il modo in cui, in Grecia, la ὀρειβασία rituale a data fissa può in origine essersi sviluppata da accessi spontanei di isterismo collettivo. Canalizzando tale isterismo in un rito organizzato una volta ogni due anni, il culto dionisiaco lo mantenne dentro i limiti e gli consentì uno sfogo relativamente innocuo. Quello che la πάροδος delle Baccanti rappresenta è l’isterismo tenuto a freno e al servizio della religione; le gesta compiute sul Citerone sono manifestazioni di isterismo allo stato grezzo, la mania compulsiva che contagia la persona miscredente. Dioniso è all’opera su entrambi: come San Giovanni o San Vito, egli è al tempo stesso la causa della pazzia e il liberatore dalla pazzia, Βάκχος e Λύσιος1, θεὸς δεινότατος, ἀνθρώποισι δ᾽ ἠπιώτατος2(Baccanti, v. 860). Dobbiamo tener a mente questa ambivalenza se vogliamo intendere correttamente il dramma. Resistere a Dioniso significa reprimere l’elemento primordiale insito nella natura di ciascuno; la punizione è l’improvviso e completo collasso degli argini interiori quando l’elemento primordiale giocoforza li sfonda e la civiltà svanisce.
1 Rhode, Psyche, cap. 9, n. 21. [N.d.T.: credo corrisponda nell’edizione Laterza (BUL del 2018) alla n. 99 pag. 314, ‘Religione dionisiaca in Grecia’].
2 N.d.T.: «un dio / il più terribile per gli uomini e il più mite».
Nessun commento:
Posta un commento