Raggruppo il sotto-capitolo con l’aggiunto dell’ultimo paragrafo su Pacuvio e Accio.
ii. Testimonianze dai drammi dionisiaci precedenti
I πάθη1 di Dioniso, il dio patrono del dramma, possono a ragione essere il più antico di tutti i soggetti drammatici2. Per noi le Baccanti sono un esemplare unico di dramma sulla passione dionisiaca; per il suo primo pubblico invece era un rimaneggiamento di un tema ormai familiare alle generazioni che frequentavano il teatro ateniese. L’attribuzione di un Πενθεύς a Tespi3 è probabilmente un’invenzione; ma in aggiunta alle due tetralogie dionisiache di Eschilo, sappiamo di una tetralogia su Licurgo di Polifrasmone4, rappresentata nel 467; delle Βάκχαι di Senocle, che faceva parte del gruppo che vinse il primo premio nel 415; delle Βάκχαι ἢ Πενθεύς del figlio di Sofocle Iofonte; una Σεμέλη κεραυνομένη5 di Spintaro (tardo quinto secolo); delle Βάκχαι di Cleofonte (periodo incerto). Nessuna tragedia dionisiaca è attribuita a Sofocle, a meno che le sue Ὑδροφόροι non trattasse, come la Σεμέλη ἢ Ὑδροφόροι di Eschilo, della nascita di Dioniso (la quale noi sappiamo essere menzionata nella tragedia, fr. 674). Il Διόνυσος di Cheremone (dove pare che figurasse Penteo), la Σεμέλη di Carcino, e la Σεμέλη di Diogene probabilmente appartengono al quarto secolo; un passo piuttosto lungo rimasto da quest’ultima testimonia del persistente interesse del pubblico ateniese per gli esotici culti orgiastici.
Nel paragrafo che segue ho tagliato alcuni passaggi molto specifici senza tuttavia pregiudicare il succo del ragionamento.
Di nessuna di queste conosciamo molto oltre il titolo – la grande popolarità delle Baccanti nell’antichità più tarda le ha senza dubbio uccise. E persino dei drammi dionisiaci di Eschilo la nostra conoscenza è dolorosamente esigua. La sua Lycurgeia era composta da Ἠδωνοί, Βασσάραι (o Βασσαρίδες), Νεανίσκοι, e il dramma satiresco Λυκοῦργος (schol. Aristofane, Tesmoforiazuse, 134). Così come sui drammi che componevano la sua (presunta) tetralogia tebana c’è molta discussione. Il catalogo mediceo ci presenta Βάκχαι, Ξάντριαι, Πενθεύς, Σεμέλη ἢ Ὑδροφόροι, Τροφοί. Ce n’è una di troppo: l’ipotesi più verosimile è forse che Βάκχαι sia un titolo alternativo per Βασσάραι6. […] I frammenti della Lycurgeia di Eschilo presentano alcuni interessanti paralleli con le Baccanti. (a) Negli Ἠδωνοί, come nel nostro dramma, Dioniso veniva fatto prigioniero, interrogato sul luogo della sua nascita, evidentemente nell’ignoranza della sua identità (fr. 61, cfr. Baccanti, 460 sqq.), e schernito per il suo aspetto e abbigliamento effemminati (fr. 61 e probabilmente 59, 60, 62, cfr. Baccanti vv. 453-459 n., 831-833 n.). È come se la prima scena tra Penteo e Dioniso nelle Baccanti seguisse il modello dei poeti più antichi piuttosto da vicino. (b) Da qualche parte nella tetralogia c’era un’apparizione del dio nella sua vera natura, il cui effetto sul palazzo di Licurgo era descritto nei versi ἐνθουσιᾷ δὴ δῶμα, βακχεύει στέγη7 (fr. 58). Possiamo probabilmente dedurre che nel “prodigio del palazzo” delle Baccanti Euripide stesse seguendo la tradizione, anche se le parole conservate non implicano un effettivo terremoto. (c) Da due frammenti delle Βασσάραι possiamo dedurre che Eschilo – come Euripide – parlasse delle pericolose sembianze taurine del dio (fr. 23, cfr. Baccanti 618, 920, 1017) e lo rappresentasse come Signore del Fulmine (fr. 23a sul monte Pangeo, cfr. Baccanti 594-595 n., 1082-1083 n.).
Tre ulteriori congetture possono essere aggiunte. (i) Certi personaggi in Eschilo (?Licurgo o Penteo) applicano il termine offensivo χαλιμίαι o χαλιμάδες8 alle donne baccanti (fr. 448), il che suggerisce che le insinuazioni di immoralità messe da Euripide in bocca a Penteo erano accuse tradizionali. (ii) L’imprigionamento e la prodigiosa fuga delle baccanti, brevemente descritti nel nostro dramma (vv. 443-448), figurano nel sommario di “Apollodoro” della storia di Licurgo (Biblioteca, III, 34-35 Βάκχαι δὲ ἐγένοντο αἰχμάλωτοι … αὖθις δὲ αἱ Βάκχαι ἐλύθησαν ἐξαίφνης9), e forse comparivano anche nel Lycurgus di Nevio10. “Apollodoro” non sta seguendo Euripide, dato che fa incarcerare a Licurgo anche i satiri. Dobbiamo supporre che egli ed Euripide (e Nevio?) stiano qui attingendo ad una fonte comune, con ogni probabilità la Lycurgeia di Eschilo. (iii) Nevio pure riproduce l’interrogatorio del dio prigioniero e la descrizione del suo abbigliamento effemminato, che certamente risale a Eschilo; e l’incendio del palazzo, che probabilmente attua. Quindi può ben essere che sia dalla medesima fonte che egli ed Euripide derivino la similitudine delle menadi con gli uccelli e il racconto del loro assalto alle fattorie della valle (frr. 7 e 3, basati su Baccanti 748-750). L’impressione lasciata dai frammenti del Lycurgus nel loro complesso è che Nevio non dipendesse dalle Baccanti, ma si avvalesse di un originale molto simile ad esse sia nella tonalità generale sia nello schema della sua trama. E la cosa probabile è che questo originale fosse gli Ἠδωνοί di Eschilo.
Delle tragedie romane sulla storia di Penteo, il Pentheus di Pacuvio11 era basata su Euripide, se dobbiamo credere a Servio su Eneide, IV, 496; ma certe altre fonti erano apparentemente utilizzate, dato che il prigioniero di Penteo è chiamato Acete, come anche in Ovidio, Metamorfosi, III, 474 sqq. (dove la narrazione si discosta ampiamente da Euripide in altri aspetti). Le Baccanti di Accio12 sembra dai frammenti che siano state un adattamento abbastanza vicino al dramma di Euripide.
1 [N.d.T.] «sofferenze».
2 [N.d.T.] Così la pensava anche Nietzsche, La nascita della tragedia, cap. 10: «È tradizione incontestabile che la tragedia greca, nella sua forma più antica, aveva per oggetto solo i dolori di Dioniso, e che per molto tempo l’unico eroe presente in scena fu appunto Dioniso. Con la stessa sicurezza peraltro si può affermare che fino a Euripide Dioniso non cessò mai di essere l’eroe tragico, e che tutte le figure famose della scena greca, Prometeo, Edipo, eccetera, sono soltanto maschere di quell’eroe originario. Che dietro a tutte queste maschere si nasconda una divinità, è l'unica ragione essenziale della tipica «idealità», così spesso ammirata, di quelle celebri figure. Non so chi ha sostenuto che tutti gli individui in quanto individui sono comici e pertanto non tragici: da ciò si potrebbe dedurre che i Greci in genere non potevano tollerare individui sulla scena tragica. Effettivamente sembra che essi abbiano sentito a questo modo, e in genere la distinzione e valutazione platonica dell'«idea» in antitesi all'«idolo», alla copia, è profondamente radicata nella natura greca. Ma per servirci della terminologia di Platone, sulle figure tragiche della scena ellenica si potrebbe all'incirca parlare così: l’unico Dioniso veramente reale appare in una molteplicità di figure, nella maschera di un eroe in lotta, ed è per così dire preso nella rete della volontà individuale. Quanto alle parole e alle azioni del dio che appare, egli rassomiglia a un individuo che sbaglia, che lotta e che soffre; e che egli appaia in genere con questa epica determinatezza e chiarezza, è effetto dell’interprete di sogni Apollo, che con quella simbolica apparenza chiarisce al coro il suo stato dionisiaco. Ma in verità quell’eroe è il Dioniso sofferente dei misteri, quel dio che sperimenta in sé i dolori dell’individuazione, e di cui mirabili miti narrano come da fanciullo fosse fatto a pezzi dai Titani e come poi in questo stato venisse venerato come Zagreus. Con ciò si significa che questo sbranamento, la vera e propria sofferenza dionisiaca, è come una trasformazione in aria, acqua, terra e fuoco, e che quindi dobbiamo considerare lo stato di individuazione come la fonte e la causa prima di ogni sofferenza, come qualcosa in sé detestabile. Dal sorriso di questo Dioniso sono nati gli dèi olimpici, dalle sue lacrime gli uomini».
3 [N.d.T.] Del VI secolo a.C.; era considerato il padre della tragedia.
4 [N.d.T.] Era figlio di Frinico; non sappiamo quasi nulla e non ci sono giunti frammenti.
5 [N.d.T.] «Semele fulminata».
6 O Πενθεύς (come le Βάκχαι di Euripide e Iofonte portavano il titolo alternativo Πενθεύς)
7 [N.d.T.] «è invaso dal dio il palazzo, la casa è in preda a Bacco».
8 [N.d.T.] «donne dalla veste discinta».
9 [N.d.T.] «le baccanti divennero prigioniere … di nuovo le baccanti furono subito liberate».
10 [N.d.T.] 275-201 a.C. circa.
11 [N.d.T.] 220-135 a.C. circa.
12 [N.d.T.] 170-84 a.C. circa.
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