Il solenne stile semi-liturgico che è predominante nei canti corali spesso richiama Eschilo; c’è un po’ della preziosità e della cura barocca nell’elemento decorativo che caratterizza la maggior parte dei versi più tardi di Euripide. In accordo con questa tonalità è la scelta di ritmi associati agli effettivi inni del culto (commento, p. 183), e specialmente l’uso esteso di ionici (p. 72). Così anche l’esordio dei ritornelli (876 sqq., 991 sqq.), che appartengono alla tradizione degli inni del culto: è degno di nota che Eschilo li usi liberamente, Sofocle per niente, Euripide altrove solo nell’inno di Ione ad Apollo e nel canto di trasporto dell’acqua di Elettra. I trimetri giambici rivelano la data del dramma con l’alta percentuale di piedi soluti (uno ogni 2,3 trimetri, una frequenza superata solo nell’Oreste); ma il dialogo ha, ciò non di meno, una certa arcaica rigidità se confrontato, per esempio, con la contemporanea Ifigenia in Aulide. Un segno di ciò è la rarità nei passi recitati dell’ἀντιλαβή (divisione di un verso tra due che parlano). In altri drammi tardi questo è un mezzo prediletto1 per trasmettere il concitato batti e ribatti di un’accesa discussione, specialmente nelle scene trocaiche; nelle Baccanti i versi giambici sono divisi solo in due punti (vv. 189, 966-70), quelli trocaici mai.
1 52 versi recitati sono così divisi nell’Oreste, 36 nell’Ifigenia in Aulide, 53 nell’Edipo a Colono.
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