Ma lo Straniero non è semplicemente un essere idealizzato, estraneo al mondo dell’uomo; egli è Dioniso, l’incarnazione di quelle tragiche contraddizioni – gioia e orrore, discernimento e follia, gaiezza innocente e tenebrosa crudeltà – che, come abbiamo visto, sono implicite in ogni religione di tipo dionisiaco. Dalla prospettiva della moralità umana perciò egli è e deve essere una figura ambigua. Guardandolo da questa prospettiva, Cadmo alla fine della tragedia condanna esplicitamente la sua crudeltà. Ma la sua condanna è tanto futile quanto lo è la simile condanna di Afrodite nell’Ippolito. Infatti, come Afrodite, Dioniso è una “persona”, o un agente morale, solo per necessità scenica. Ciò che Afrodite è realmente il poeta ce l’ha detto chiaramente: φοιτᾷ δ' ἀν' αἰθέρ', ἔστι δ' ἐν θαλασσίῳ / κλύδωνι Κύπρις, πάντα δ' ἐκ ταύτης ἔφυ· / ἥδ’ ἐστὶν ἡ σπείρουσα καὶ διδοῦσ' ἔρον, / οὗ πάντες ἐσμὲν οἱ κατὰ χθόν' ἔκγονοι (Euripide, Ippolito, 447 sqq.)1. Chiedersi se Euripide “credesse” in questa Afrodite non ha senso, tanto quanto chiedersi se egli “credesse” nel sesso. Le cose non stanno diversamente con Dioniso. Come la “morale” dell’Ippolito è che il sesso è cosa sulla quale non puoi permetterti di fare errori, così la “morale” delle Baccanti è che noi ignoriamo a nostro rischio l’esigenza per lo spirito umano di un’esperienza dionisiaca. Per chi non chiude la propria mente di fronte ad essa, un’esperienza di tal genere può essere una sorgente profonda di potenziamento spirituale e di εὐδαιμονία2. Chi, invece, reprime l’esigenza dentro di sé o ne impedisce il soddisfacimento ad altri, la trasforma3 col proprio atto in una potenza disintegrante e distruttiva, una cieca forza naturale che spazza via l’innocente con il colpevole. Una volta che ciò è accaduto, è troppo tardi per ragionamenti o proteste: nella giustizia dell’uomo c’è posto per la pietà, ma non ce n’è alcuno nella giustizia della Natura; al nostro “Dovresti”, come sua risposta è sufficiente il semplice “Devi”; noi non abbiamo nessuna scelta, se non accettare quella risposta e resistere come possiamo4.
1 [N.d.T.] «si aggira nell’aria, è nel flutto / marino Cipride, tutte le creature nascono da questa; / è lei che semina e dà amore, / al quale tutti apparteniamo noi prole sulla terra».
2 [N.d.T.] «felicità».
3 [N.d.T.] È quanto dice Nietzsche, che infatti vede in Euripide (almeno nella Nascita della tragedia, in combutta con Socrate) il principio della decadenza: «Dover combattere contro gli istinti – questa è la formula della décadance; fintantoché la vita è ascendente, felicità e istinto sono eguali» (Crepuscolo degli idoli. Il problema di Socrate, 11).
4 [N.d.T.] «La natura è aristocratica, più aristocratica di qualsiasi società feudale basata su caste. La tirannide della natura parte quindi da una base molto ampia, per terminare in un vertice assai aguzzo, e anche se alla plebe e alla canaglia, che non può tollerare nulla al di sopra di sé, riuscisse ad abbattere tutte le altre aristocrazie, essa non potrà far nulla contro di questa, senza neppur meritare un ringraziamento, poiché tale aristocrazia è davvero concessa dalla “grazia di Dio”» (Schopenhauer, Parerga e paralipomena I. Sulla filosofia delle università).
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