giovedì 28 novembre 2024

Euripide, Baccanti – Introduzione di Dodds – cap. III. IL POSTO DELLE BACCANTI NELL’OPERA DI EURIPIDE – Maturità 2025 – fine

Con questo paragrafo concludo la traduzione. L’ultimo capito, il quarto sulle fonti del testo, interessa solo agli ultra-specialisti.


Ciò che rende le Baccanti diverse dal resto delle opere di Euripide non è qualche innovazione nella tecnica o nellatteggiamento intellettuale dellautore. È piuttosto quello che sentì James Adam quando affermò che il dramma esprimeva una dimensione emotiva aggiuntae che era pervasa da quel genere di gioiosa esaltazione che accompagna una nuova scoperta o illuminazione1. E’ come se il rinnovato contatto con la natura nella selvaggia regione della Macedonia e il suo immaginare qui in nuove forme l’antica storia di prodigi, avessero fatto scattare qualche molla nella mente del vecchio poeta, ristabilendo un contatto con sorgenti nascoste di potere che egli aveva smarrito nellambiente consapevole di sé, ultra-intellettualizzato dellAtene del tardo quinto secolo, e mettendolo in grado di trovare uno sfogo per sentimenti che per anni erano stati repressi nella sua coscienza senza conseguire completa espressione. Noi possiamo supporre che Euripide disse a se stesso in Macedonia proprio quanto Rilke disse a se stesso all’inizio del suo ultimo periodo:


Opera della vista è compiuta,

compi ora lopera del cuore

sulle immagini prigioniere in te, perché tu

le hai sopraffatte ma non le conosci ancora.”2


La dimensione emotiva aggiuntaprocede non da una conversione intellettuale, ma dallopera del cuore: da una visione rivolta al nostro interno di immagini a lungo rimaste imprigionate nella mente.


1 The Religious Teachers of Greece, 316 sq. Cfr André Rivier, Essais sur le tragique d’Euripide, 96: “La rivelazione di un al di là liberato dalle nostre categorie morali e dalla nostra ragione, tale è il fatto religioso fondamentale su cui poggia la tragedia delle Baccanti” ([N.d.T.] Dodds ha il francese, la traduzione è mia). La profondità e sincerità del sentimento religioso espresso nei canti corali sono state recentemente enfatizzate da Festugière, Eranos, lv (1957), 127 sqq. Questo mi sembra giusto, fintantoché stiamo parlando di sentimenti e non di convinzioni. Ma resta perfettamente possibile che, come la mette Jaeger, “Euripide abbia imparato ad apprezzare la gioia di un’umile fede in una verità religiosa che oltrepassa tutti i limiti della comprensione, semplicemente perché egli non possedeva dentro se stesso nessuna fede felice” (Paideia, i. 352, trad. ingl.). [N.d.T.] Il testo italiano (Paideia, La Nuova Italia, 1953, I, cap. IV, Euripide e l’età sua, pagg. 600-601) è quello sottolineato: «Nelle Baccanti, opera postuma creata nella vecchiezza, si è voluto scoprire come un trovar-se-stesso dell’autore, un voluto rifugiarsi dal razionalismo dell’intelletto autonomo nella esperienza religiosa, nell’ebbrezza mistica. Anche qui si è troppo voluto trovar l’eco di una professione di fede personale. Per Euripide la rappresentazione lirico-drammatica dell’esperienza dionisiaca dell’estasi era già per se stessa un soggetto infinitamente grato, e dall’idea del conflitto tra questa suggestione religiosa collettiva, suscitante in coloro che afferrava forze ed istinti primordiali, e l’ordinamento razionale dello Stato e della società civile sorgeva per lo psicologo Euripide un problema tragico di efficacia e validità imperitura. Ma nemmeno nella vecchiezza egli toccò il porto” sicuro. La sua vita si chiude nell’alacre studio di questioni religiose. Nessuno ha colto l’irrazionalità dell'anima umana, anche sotto questo rispetto, più profondamente del poeta della critica razionale. Ma il mondo nel quale egli è immerso resta perciò privo di fede. Non è forse comprensibile come egli, movendo dalla sua comprensione universale e dalla sua scettica conoscenza di se stesso e del tempo suo, imparasse ad apprezzare, in tarda età, la felicità dell’umile fede in una verità religiosa oltrepassante i limiti della ragione, appunto non possedendola? Ancora non era venuto il tempo in cui tale atteggiamento del sapere di fronte alla fede potesse diventare fondamentale. Ma nelle Baccanti ne sono già profeticamente anticipati tutti i caratteri: il trionfo del meraviglioso e della conversione sull’intelletto; l’alleanza dell’individualismo con la religione contro lo Stato, che per la grecità classica aveva coinciso, con la sfera religiosa; il deificarsi immediato, vissuto, liberatore, dell’anima individuale, sciolta dai limiti d’ogni etica meramente legata alla legge».

2 [N.d.T.] R. M. RILKE, Svolta (Wendung), Poesie sparse in Poesie II (1908-1926), a cura di G. Baione, commento di A. Lavagetto, Torino, Einaudi-Gallimard, 1995, pp. 231-233.

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