τοιγάρ νιν αὐτὰς ἐκ δόμων ᾤστρησ’ ἐγὼ
μανίαις, ὄρος δ' οἰκοῦσι παράκοποι φρενῶν,
σκευήν τ' ἔχειν ἠνάγκασ' ὀργίων ἐμῶν.1
καὶ πᾶν τὸ θῆλυ σπέρμα Καδμείων, ὅσαι 35
γυναῖκες ἦσαν, ἐξέμηνα δωμάτων·
ὁμοῦ δὲ Κάδμου παισὶν ἀναμεμειγμέναι
χλωραῖς ὑπ' ἐλάταις ἀνορόφους ἧνται πέτρας.2
1 32-34: «Perciò le ho spinte fuori dalla casa assillandole / con la follia, e abitano la montagna fuori di senno, / e le ho costrette ad indossare i paramenti dei miei riti».
33 – ὄρος: si tratta del Citerone (v. 62) che si trova a circa 13 chilometri da Tebe. È ancora densamente alberato di abeti bianchi (gli ἐλάται del v. 38); la vetta è rocciosa.
34 – ὀργίων: ὄργια, dalla medesima radice di ἔργον, sono propriamente «cose fatte» in un senso religioso ( cfr. anche ἔρδειν, «fare sacrifici»), le azioni di un rituale religioso. Il senso moderno di «orge» deriva dalla concezione ellenistica e romana della natura della religione dionisiaca: non deve essere importato nelle Baccanti.
2 35-38: «E tutto il seme femminile dei Cadmei, quante / donne c’erano, le spinsi a delirare fuori dalle case; / e mescolate insieme alle figlie di Cadmo all’ombra / di verdi pini stanno sedute su rocce senza tetto».
35-36 – πᾶν τὸ θῆλυ σπέρμα … ὅσαι γυναῖκες ἦσαν: la seconda espressione rispetto alla prima è puramente tautologica. Non può limitare il senso di πᾶν τὸ θῆλυ σπέρμα escludendo le nubili: le παρθένοι sono incluse (v. 694); e neanche le bambine perché γυνή non indica una donna cresciuta in opposizione a una fanciulla. La ripetizione allora può avere lo scopo di enfatizzare l’esclusione dei maschi: questo è un punto cruciale del dramma – cfr. gli ingiusti sospetti di Penteo (vv. 223, 354) e la loro confutazione (v. 686).
37 – ὁμοῦ … ἀναμεμειγμέναι: il culto dionisiaco non fa distinzioni tra nobili e gente del popolo.
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