Il passato era di fatto ritornato, o stava tentando di ritornare. E trascinava nella sua scia una controversia di contenuti simili alla disputa tra Penteo e Tiresia nelle Baccanti. Echi di questa controversia sopravvivono nei frammenti della Commedia Antica, negli oratori, e in Platone; o piuttosto, echi da una delle due parti; infatti capita che tutte le testimonianze in nostro possesso sono ostili al nuovo movimento religioso. Aristofane scrisse una commedia, le Horae, in cui “Sabazio e certe altre divinità straniere” furono processate e condannate all’esilio da Atene; la protesta sembra sia stata principalmente indirizzata, come la protesta di Penteo contro Dioniso, alla celebrazione di riti femminili coperti dalle tenebre, nocturnae pervigilationes1. Né fu questo un attacco isolato ai nuovi culti: i θεοὶ ξενικοί furono oggetto di satira da parte di Apollofane nei suoi Cretesi, di Eupoli nei suoi Baptae, di Platone comico nel suo Adone. Nel IV secolo, Demostene cerca di oscurare il buon nome del suo rivale Eschine con ripetute allusioni alla sua frequentazione con i mal reputati riti di Sabazio. Frine è accusata di introdurre una “nuova divinità” di tipo dionisiaco, Isodaites, e di costituire θίασοι illegali; mentre Platone prende così seriamente i pericoli morali del movimento che vorrebbe imporre severe pene su chiunque fosse stato colto a “praticare riti orgiastici in privato”2.
1 Cicerone, De legibus, II, 37.
2 ὀργιάζων πλὴν τὰ δημόσια, Leggi, X, 910bc.
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