Possiamo considerare la ὠμοφαγία, dunque, come un rito in cui il dio era in un certo senso presente nella sua trasposizione bestiale e in questa forma veniva fatto a pezzi e mangiato dalla sua gente. Ammetteva il culto una volta – come la storia di Penteo suggerisce – una ancor più potente, perché più terribile, forma di comunione – lo sbranamento, o persino lo sbranamento e il pasto del dio nelle sembianze di uomo? Non possiamo esserne sicuri, ed alcuni studiosi lo negano. Ci sono, tuttavia, sporadiche indicazioni che indicano questa direzione. Teofrasto, apud Porph. abst. 2, 8, parla di ἡ τῶν ἀνθρωποθυσιῶν βακχεία1, ed aggiunge che i Bassari pure praticano il cannibalismo. Pausania (9, 8, 2) ha sentito dire che a Potnie, presso Tebe, una volta veniva sacrificato un ragazzo a Dioniso, finché Delfi autorizzò una capra in sostituzione. Egli spiega il rito come espiatorio; ma ci sono altre testimonianze che possono indurci a dubitarne. Evelpide di Caristo, ap. Porph. abst. 2, 55, sa che su due isole dell’Egeo, Chio e Tenedo, lo σπαραγμός di una vittima umana era un tempo praticato in onore di Dioniso Omadio, il dio della ὠμοφαγία; e Clemente (Protr. 3, 42) ha raccolto da una storia ellenistica di Creta una simile tradizione riguardo a Lesbo. Sembra che a Tenedo, come a Potnie, una vittima animale fu più tardi sostituita, ma il rituale mantenne aspetti curiosi e significativi: Eliano (N.A. 12, 34) ci dice che scelgono una mucca gravida e la trattano come se fosse una madre umana; dopo che il vitello è nato, gli mettono degli stivaletti e poi lo sacrificano a Dioniso Ἀνθρωπορραίστης, “il massacratore di uomini”; “ma colui che colpiva il vitello con la sua ascia era lapidato dalla gente finché non trovava scampo sulla spiaggia” (cioè: lui era contaminato e doveva fare finta di lasciare il paese, come Agave fa alla fine delle Baccanti). A questa testimonianza possiamo aggiungere il ricorrente episodio dell’uccisione di un bambino e dello σπαραγμός umano nei miti dionisiaci (vedi sotto); il fatto che il sacrificio umano, che si sosteneva fosse stato compiuto prima della battaglia di Salamina, si dice fosse stato offerto a Dioniso Omeste2; e l’attestazione di un omicidio rituale in connessione con i movimenti dionisiaci italici repressi nel 186 a.C.3
1 [N.d.T.] «il baccanale dei sacrifici umani».
2 Plutarco, Temistocle, 13, basandosi sull’autorità del pupillo di Aristotele Fania. Anche se la storia è falsa, essa mostra cosa i Greci del quarto secolo pensavano di Dioniso Omaste.
3 Livio, XXXIV, 13 ([N.d.T.] si tratta del senatusconsultum de bacchanalibus), cfr. Plauto, Bacchides, 371 sq.
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