giovedì 21 novembre 2024

Euripide, Baccanti – Introduzione di Dodds – cap. I, 2 Dioniso. La religione dionisiaca ad Atene – Maturità 2025 – 3

 

[In questo paragrafo, breve, ho aggiunto qualcosa di mio, per essere un po’ autore e non solo interprete (cfr. Seneca, Epistulae, 33, 7)].


La funzione di questi geniali festival attici era, nelle parole di Pericle, procurare ἀνάπαυλαι τῶν πόνων1: il loro valore era più sociale che religioso. Questo aspetto del culto dionisiaco non è ignorato nelle Baccanti: Euripide lo ha espresso nel modo più bello nel primo stasimo, vv. 370 sqq. (vedi il commento). Ma cera poco o niente nel culto ufficiale ateniese che potesse ispirare le descrizioni della πάροδος e dei discorsi del messaggero, o che avesse qualche reale attinenza con la selvaggia e primitiva storia della punizione di Penteo.


1 Tucidide, II, 31. [N.d.T.] «sollievi dalle fatiche». Riporto il passo per intero con alcune considerazioni: Καὶ μὴν καὶ τῶν πόνων πλείστας ἀναπαύλας τῇ γνώμῃ ἐπορισάμεθα, ἀγῶσι μέν γε καὶ θυσίαις διετησίοις νομίζοντες, ἰδίαις δὲ κατασκευαῖς εὐπρεπέσιν, ὧν καθ' ἡμέραν ἡ τέρψις [2] τὸ λυπηρὸν ἐκπλήσσει, «Inoltre ci siamo procurati per lo spirito moltissimi sollievi dalle fatiche, facendo uso di gare e feste sacre, e di eleganti edifici privati, il cui godimento quotidiano scaccia la pena».

 Sullo spirito agonistico dei Greci riflette così Nietzsche (Umano, troppo umano, II, Parte seconda, Il viandante e la sua ombra): «226. Saggezza dei Greci. Poiché il voler vincere e primeggiare è un tratto di natura invincibile, più antico e originario di ogni stima e gioia di uguaglianza, lo Stato greco aveva sanzionato fra gli uguali la gara ginnastica e musica, aveva cioè delimitato un'arena dove quell'impulso doveva scaricarsi senza mettere in pericolo l'ordinamento politico. Con il decadere finale della gara ginnastica e musica, lo Stato greco cadde nell'inquietudine e dissoluzione interna.

 A questo passo in particolare si riferisce, sempre Nietzsche, in La nascita della tragedia (Tentativo di autocritica, 4): «Una questione fondamentale è il rapporto del Greco col dolore, il suo grado di sensibilità,… la questione se in realtà il suo desiderio sempre più forte di bellezza, di feste, di divertimenti, di culti nuovi non si sia sviluppato dalla mancanza, dalla privazione, dalla melanconia e dal dolore. Posto cioè che proprio questo fosse vero e Pericle (o Tucidide) ce lo lascia intendere nel grande discorso funebre – da che cosa discenderebbe allora il desiderio opposto, che si manifestò cronologicamente prima, il desiderio del brutto, la buona e dura volontà di pessimismo nel Greco antico, di mito tragico, dell’immagine di tutto il terribile, il malvagio, l’enigmatico, il distruttivo e il fatale che si cela in fondo all’esistenza, – da che cosa discenderebbe allora la tragedia?».

 Sulla festa come tratto distintivo del mondo pagano: Nietzsche, Scelta di frammenti postumi 1887-1888, trad. it. Mondadori, Milano, 1975, pag. 347: «Bisogna essere molto grossolani per non sentire la presenza di cristiani e di valori cristiani come un’oppressione, sotto la quale ogni vera atmosfera di festa se ne va al diavolo. Nella festa è compreso: orgoglio, tracotanza, sfrenatezza; la stravaganza; lo scherno per ogni forma di serietà e di perbenismo; una divina affermazione di sé per pienezza e perfezione animale – tutti stati d’animo a cui il cristiano non può onestamente dire di sì. La festa è paganesimo per eccellenza».

 Ancora Nietzsche in Umano, troppo umano, II, Opinioni e sentenze diverse: «187. Il mondo antico e la gioia. Gli uomini del mondo antico sapevano gioire meglio; noi sappiamo rattristarci meno; quelli riuscivano a trovare sempre nuovi motivi di sentirsi bene e di celebrare feste, impegnando tutta la loro ricchezza di acume e di riflessione, mentre noi rivolgiamo il nostro spirito alladempimento di compiti che mirano piuttosto alla liberazione dal dolore, alleliminazione delle cause di dispiacere. Quanto alle sofferenze dellesistenza, gli antichi cercavano di dimenticare, o di piegare in qualche modo il sentimento verso il piacevole; sicché a ciò essi cercavano di ovviare con palliativi, mentre noi affrontiamo le cause del soffrire e nel complesso preferiamo agire in senso profilattico. Forse noi stiamo costruendo solo le fondamenta, su cui uomini futuri costruiranno di nuovo anche il tempio della gioia».

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