Per un approfondimento su post precedente vedi la pagina «Bellezza e semplicità».
II, 40, 3
διαφερόντως γὰρ δὴ καὶ τόδε ἔχομεν ὥστε τολμᾶν τε οἱ αὐτοὶ μάλιστα καὶ περὶ ὧν ἐπιχειρήσομεν ἐκλογίζεσθαι· ὃ τοῖς ἄλλοις ἀμαθία μὲν θράσος, λογισμὸς δὲ ὄκνον φέρει. κράτιστοι δ' ἂν τὴν ψυχὴν δικαίως κριθεῖεν οἱ τά τε δεινὰ καὶ ἡδέα σαφέστατα γιγνώσκοντες καὶ διὰ [4] ταῦτα μὴ ἀποτρεπόμενοι ἐκ τῶν κινδύνων.
«Infatti ci distinguiamo dagli altri anche in questo così da osare sempre noi al massimo e a calcolare sulle azioni che intendiamo intraprendere; e in ciò per gli altri l’ignoranza porta spavalderia e il calcolo titubanza1. Ma fortissimi d’animo si dovrebbero giudicare giustamente coloro che conoscono nel modo più chiaro gli aspetti terribili e quelli piacevoli e non per questi si distolgono dai pericoli».
II, 40, 4-5
καὶ τὰ ἐς ἀρετὴν ἐνηντιώμεθα τοῖς πολλοῖς· οὐ γὰρ πάσχοντες εὖ, ἀλλὰ δρῶντες κτώμεθα τοὺς φίλους. βεβαιότερος δὲ ὁ δράσας τὴν χάριν ὥστε ὀφειλομένην δι' εὐνοίας ᾧ δέδωκε σῴζειν· ὁ δὲ ἀντοφείλων ἀμβλύτερος, εἰδὼς οὐκ ἐς χάριν, ἀλλ' ἐς [5] ὀφείλημα τὴν ἀρετὴν ἀποδώσων. καὶ μόνοι οὐ τοῦ ξυμφέροντος μᾶλλον λογισμῷ ἢ τῆς ἐλευθερίας τῷ πιστῷ ἀδεῶς τινὰ ὠφελοῦμεν.
«Anche in fatto di benemerenza ci contrapponiamo ai più: infatti non ricevendo un beneficio, ma facendolo acquistiamo gli amici. È più saldo chi ha fatto un favore, così da conservare, per mezzo della benvolenza verso colui a cui l’ha concesso, la gratitudine dovutagli da costui; chi invece è in debito è più lento, sapendo che ricambierà la benemerenza non per fare un favore, ma per dovere2. E siamo i soli ad aiutare senza paura qualcuno non per calcolo di convenienza più che per fede nella libertà».
II, 41, 1
'Ξυνελών τε λέγω τήν τε πᾶσαν πόλιν τῆς Ἑλλάδος παίδευσιν εἶναι.
«Riassumendo dico che tutta la città è la scuola dell’Ellade».
1 Così commenta questa considerazione B. Knox (Atene, in La tragedia greca. Guida storica e critica, Bari, Laterza, 1988, pagg. 255-256): «la rapidità di azione combinata all’attenta riflessione che troviamo in Edipo trova un riflesso ad Atene nella fiducia nel dibattito che prepara all’azione, e non la impedisce, come accade a certuni»; seguono le parole di Pericle riguardo ai discorsi.
Cfr. I, 22, 2 τὰ δ' ἔργα τῶν πραχθέντων, «le azioni tra i fatti». Tucidide ha appena spiegato come si è regolato in relazione a ὅσα μὲν λόγῳ εἶπον ἕκαστοι, «quante cose disse ciascuno a parole»; le parole dunque sono una parte dei fatti e vengono prima delle azioni.
2 Come sappiamo Machiavelli (Principe, XVII) sostiene l’esatto contrario: «Nasce da questo una disputa, s'e' gli è meglio essere amato che temuto o e converso. Rispondesi che si vorrebbe essere l'uno e l'altro; ma perché e' gli è difficile accozzarli insieme, è molto più sicuro essere temuto che amato, quando si abbi a mancare dell'uno de' dua. Perché degli uomini si può dire questo, generalmente, che sieno ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori de' pericoli, cupidi del guadagno; e mentre fai loro bene e' sono tutti tua, offeronti el sangue, la roba, la vita, e' figliuoli, come di sopra dissi, quando el bisogno è discosto: ma quando ti si appressa, si rivoltono, e quello principe che si è tutto fondato in su le parole loro, trovandosi nudo di altre preparazioni, ruina. Perché le amicizie che si acquistono col prezzo, e non con grandezza e nobilità di animo, si meritano, ma elle non si hanno, e alli tempi non si possono spendere; e li uomini hanno meno rispetto a offendere uno che si facci amare, che uno che si facci temere: perché lo amore è tenuto da uno vinculo di obligo, il quale, per essere gl'uomini tristi, da ogni occasione di propria utilità è rotto, ma il timore è tenuto da una paura di pena che non ti abbandona mai».
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