Politica – I, 2 – 1252b-1253a
ἡ δ' ἐκ πλειόνων κωμῶν κοινωνία τέλειος πόλις, ἤδη πάσης ἔχουσα πέρας τῆς αὐταρκείας ὡς ἔπος εἰπεῖν, γινομένη μὲν τοῦ ζῆν ἕνεκεν, οὖσα δὲ τοῦ εὖ ζῆν. διὸ πᾶσα πόλις φύσει ἔστιν, εἴπερ καὶ αἱ πρῶται κοινωνίαι.
«La comunità perfetta risultante da più villaggi è la città, la quale ormai comprende il termine dell’autosufficienza per così dire, nascendo in vista del vivere, ma esistendo per il ben vivere. Perciò ogni città esiste per natura, se appunto anche le prime comunità esistono per natura».
τέλος γὰρ αὕτη ἐκείνων, ἡ δὲ φύσις τέλος ἐστίν· οἷον γὰρ ἕκαστόν ἐστι τῆς γενέσεως τελεσθείσης, ταύτην φαμὲν τὴν φύσιν εἶναι ἑκάστου, ὥσπερ ἀνθρώπου ἵππου οἰκίας.
«Questa infatti è il fine di quelle, e la natura è il fine; infatti quale ciascuna cosa è, quando la genesi si è perfezionata, questa diciamo che è la natura di ciascuna cosa, come per esempio diciamo di un uomo un cavallo una casa».
ἔτι τὸ οὗ ἕνεκα καὶ τὸ τέλος βέλτιστον· [1253a] ἡ δ' αὐτάρκεια καὶ τέλος καὶ βέλτιστον.
«Inoltre ciò in vista di cui e il fine costituiscono il meglio: e l’autosufficienza è sia il fine sia il meglio».
ἐκ τούτων οὖν φανερὸν ὅτι τῶν φύσει ἡ πόλις ἐστί, καὶ ὅτι ὁ ἄνθρωπος φύσει πολιτικὸν ζῷον, καὶ ὁ ἄπολις διὰ φύσιν καὶ οὐ διὰ τύχην ἤτοι φαῦλός ἐστιν, ἢ κρείττων ἢ ἄνθρωπος· ὥσπερ καὶ ὁ ὑφ' Ὁμήρου λοιδορηθεὶς "ἀφρήτωρ ἀθέμιστος ἀνέστιος"·
«Da queste considerazioni dunque risulta chiaro che la città è tra le cose per natura, e che l’uomo è per natura animale politico, e chi è privo di città, per natura e non per casualità, è senza dubbio un abbietto oppure una creatura superiore all’essere umano: come anche quello biasimato da Omero: “senza relazioni familiari senza legge senza focolare”».
ἅμα γὰρ φύσει τοιοῦτος καὶ πολέμου ἐπιθυμητής, ἅτε περ ἄζυξ ὢν ὥσπερ ἐν πεττοῖς. διότι δὲ πολιτικὸν ὁ ἄνθρωπος ζῷον πάσης μελίττης καὶ παντὸς ἀγελαίου ζῴου μᾶλλον, δῆλον.
«Infatti un tale individuo è insieme per natura anche bramoso di guerra, perché appunto è uno isolato nel gioco dei dadi. E allora il motivo per cui l’uomo è animale politico più di ogni ape e di ogni animale da gregge è chiaro».
οὐθὲν γάρ, ὡς φαμέν, μάτην ἡ φύσις ποιεῖ· λόγον δὲ μόνον ἄνθρωπος ἔχει τῶν ζῴων·
«Niente infatti, come diciamo, fa invano la natura: l’uomo solamente tra gli animali possiede la parola;»
ἡ μὲν οὖν φωνὴ τοῦ λυπηροῦ καὶ ἡδέος ἐστὶ σημεῖον, διὸ καὶ τοῖς ἄλλοις ὑπάρχει ζῴοις (μέχρι γὰρ τούτου ἡ φύσις αὐτῶν ἐλήλυθε, τοῦ ἔχειν αἴσθησιν λυπηροῦ καὶ ἡδέος καὶ ταῦτα σημαίνειν ἀλλήλοις),
«la voce di fatti è il segno del dolore e del piacere, perciò la possiedono anche gli altri animali (fino a questo punto infatti è giunta la loro natura, fino ad avere percezione del dolore e del piacere e significare queste sensazioni gli uni agli altri),»
ὁ δὲ λόγος ἐπὶ τῷ δηλοῦν ἐστι τὸ συμφέρον καὶ τὸ βλαβερόν, ὥστε καὶ τὸ δίκαιον καὶ τὸ ἄδικον· τοῦτο γὰρ πρὸς τὰ ἄλλα ζῷα τοῖς ἀνθρώποις ἴδιον, τὸ μόνον ἀγαθοῦ καὶ κακοῦ καὶ δικαίου καὶ ἀδίκου καὶ τῶν ἄλλων αἴσθησιν ἔχειν· ἡ δὲ τούτων κοινωνία ποιεῖ οἰκίαν καὶ πόλιν.
«la parola invece presiede il manifestare ciò che è utile e ciò che è dannoso, come anche ciò che è giusto e ciò che è ingiusto; questo infatti è proprio degli uomini rispetto agli altri animali, il fatto di essere l’unico ad avere percezione del bene e del male e del giusto e dell’ingiusto e degli altri valori: la comunanza di questi valori crea la famiglia e la città».
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