sabato 14 dicembre 2024

Tucidide – I discorsi di Pericle – 2, 1

Secondo discorso - II 35-46

λόγος ἐπιτάφιος


Questo secondo discorso è il più famoso: fu pronunciato alla fine del primo anno di guerra per commemorare i caduti. Si può considerare il manifesto dell’Atene periclea all’apice del suo splendore.

II, 35, 21

μέχρι γὰρ τοῦδε ἀνεκτοὶ οἱ ἔπαινοί εἰσι περὶ ἑτέρων λεγόμενοι, ἐς ὅσον ἂν καὶ αὐτὸς ἕκαστος οἴηται ἱκανὸς εἶναι δρᾶσαί τι ὧν ἤκουσεν· τῷ δὲ ὑπερβάλλοντι αὐτῶν φθονοῦντες ἤδη καὶ ἀπιστοῦσιν.

«Fino a questo punto sono tollerabili le lodi pronunciate su altri, nella misura in cui ciascuno pensa di essere capace egli stesso di fare qualcuna delle cose che ha sentito dire; quanto invece a ciò che eccede le proprie capacità provando subito invidia neanche vi credono».

II, 36, 1

τὴν γὰρ χώραν οἱ αὐτοὶ αἰεὶ οἰκοῦντες διαδοχῇ τῶν ἐπιγιγνομένων μέχρι τοῦδε ἐλευθέραν δι' ἀρετὴν παρέδοσαν.

«Infatti abitando sempre gli stessi la regione l’hanno consegnata alla successione dei posteri libera fino a questo momento grazie alla virtù»


II, 36, 4

ἀπὸ δὲ οἵας τε ἐπιτηδεύσεως ἤλθομεν ἐπ' αὐτὰ καὶ μεθ' οἵας πολιτείας καὶ τρόπων ἐξ οἵων μεγάλα ἐγένετο, ταῦτα δηλώσας πρῶτον εἶμι καὶ ἐπὶ τὸν τῶνδε ἔπαινον.

«Ma a partire da quale stile di vita siamo giunti a questa potenza e con quale costituzione grazie a quali inclinazioni divenne grande, dopo aver dimostrato questo per prima cosa andrò anche all’elogio di questi».


II, 37, 1

'Χρώμεθα γὰρ πολιτείᾳ οὐ ζηλούσῃ τοὺς τῶν πέλας νόμους, παράδειγμα δὲ μᾶλλον αὐτοὶ ὄντες τισὶν ἢ μιμούμενοι ἑτέρους. καὶ ὄνομα μὲν διὰ τὸ μὴ ἐς ὀλίγους ἀλλ' ἐς πλείονας οἰκεῖν δημοκρατία κέκληται· μέτεστι δὲ κατὰ μὲν τοὺς νόμους πρὸς τὰ ἴδια διάφορα πᾶσι τὸ ἴσον, κατὰ δὲ τὴν ἀξίωσιν, ὡς ἕκαστος ἔν τῳ εὐδοκιμεῖ, οὐκ ἀπὸ μέρους τὸ πλέον ἐς τὰ κοινὰ ἢ ἀπ' ἀρετῆς προτιμᾶται, οὐδ' αὖ κατὰ πενίαν, ἔχων γέ τι ἀγαθὸν δρᾶσαι τὴν πόλιν, ἀξιώματος ἀφανείᾳ κεκώλυται.

«Ci avvaliamo di una costituzione che non emula le leggi dei vicini, ma siamo noi un un esempio per alcuni piuttosto che imitare gli altri. E di nome, per il fatto gestisce il governo non per pochi ma per la maggioranza, è chiamata democrazia2; secondo le leggi poi verso le discordie private c’è l’uguaglianza per tutti, mentre secondo la reputazione, in base a come ciascuno è considerato bravo in qualche campo, e non per il partito più che per il valore, viene preferito negli incarichi pubblici, né d’altra parte secondo la povertà, se almeno può fare qualcosa di buono per la città, è ostacolato dall’oscurità della sua posizione sociale3».


II, 37, 3

ἀνεπαχθῶς δὲ τὰ ἴδια προσομιλοῦντες τὰ δημόσια διὰ δέος μάλιστα οὐ παρανομοῦμεν, τῶν τε αἰεὶ ἐν ἀρχῇ ὄντων ἀκροάσει καὶ τῶν νόμων, καὶ μάλιστα αὐτῶν ὅσοι τε ἐπ' ὠφελίᾳ τῶν ἀδικουμένων κεῖνται καὶ ὅσοι ἄγραφοι ὄντες αἰσχύνην ὁμολογουμένην φέρουσιν.

«Mentre trattiamo i rapporti privati senza offendere nelle questioni pubbliche non violiamo le leggi soprattutto per paura, dando ascolto a coloro che di volta in volta ricoprono una carica e alle leggi, e soprattuto a quelle che sono in vigore per la tutela delle vittime di ingiustizia e a quelle che, pur essendo non scritte, procurano unanime disonore».


Su questo ultimo punto vedi l’appreofondimento su leggi scritte/leggi non scritte.


1 Cfr. Sallustio, Cat., 3: Sed in magna copia rerum aliud alii natura iter ostendit. Pulchrum est bene facere rei publicae, etiam bene dicere haud absurdum est; vel pace vel bello clarum fieri licet; et qui fecere et qui facta aliorum scripsere, multi laudantur. Ac mihi quidem, tametsi haudquaquam par gloria sequitur scriptorem et auctorem rerum, tamen in primis arduum videtur res gestas scribere: primum quod facta dictis exaequanda sunt; dehinc quia plerique, quae delicta reprehenderis, malevolentia et invidia dicta putant, ubi de magna virtute atque gloria bonorum memores, quae sibi quisque facilia factu putat, aequo animo accipit, supra ea veluti ficta pro falsis ducit, «… poi perché i più, i misfatti che hai puoi biasimare, li considerano dettati da malevolenza e invidia, quando fai menzione della grande virtù e gloria dei valolorosi, le azioni che ciascuno ritiene facili a compiersi da parte sua, le accetta tranquillamente, quelle che eccedono le proprie capacità le considera inventate come false»; e Tacito, Annales, IV, 18: beneficia eo usque laeta sunt dum videntur exolvi posse: ubi multum antevenere pro gratia odium redditur, «I benefici sono piacevoli fintanto che sembrano di poter essere ricambiati: quando oltrepassano di molto al posto della gratitudine viene restituito odio».

2 Erodoto (III, 80), nel discorso di Otane, usa il nome di ἰσονομίη: Πλῆθος δὲ ἄρχον πρῶτα μὲν οὔνομα πάντων κάλλιστον ἔχει, ἰσονομίην, «Ma un popolo che comanda ha il nome di gran lunga più bello di tutti, isonomia».

3 Cfr. art. 3 della nostra costituzione: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese».

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