Riprendo con il florilegio dalle Epistulae di Seneca.
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Gli amori di Ulisse e Calipso, dipinto di Jan Brueghel il Vecchio, Londra, Johnny van Haeften Gallery |
2. Itaque oratio illa apud Homerum concitata et sine intermissione in morem nivis superveniens oratori data est, lenis et melle dulcior seni profluit.
«2. E così in Omero quello stile concitato e che sopraggiunge senza discontinuità al modo della neve è stato attribuito all’oratore1, quello lieve e più dolce del miele fluisce per l’anziano».
4. quae veritati operam dat oratio incomposita esse debet et simplex.
«4. Lo stile che è al servizio della verità deve essere disadorno e semplice».
1 In particolare Omero attribuisce questo stile a Ulisse in Iliade, III, vv. 205-224. Antenore, rivolgendosi a Elena, ricorda che una volta Odisseo era stato a Troia con Menelao per un’ambasceria e che quando stavano in piedi Menelao era molto più imponente e Ulisse sembrava uno sciocco o un folle, ἀλλ’ ὅτε δὴ ὄπα τε μεγάλην ἐκ στήθεος εἵη / καὶ ἔπεα νιφάδεσσιν ἐοικότα χειμερίηισιν, / οὐκ ἂν ἔπειτ’ Ὀδυσῆΐ γ’ ἐρίσσειε βροτὸς ἄλλος. / οὐ τότε γ’ ὧδ’ Ὀδυσῆος ἀγασσάμεθ’ εἶδος ἰδόντες, «ma quando grande voce fuori da petto mandava / e parole simili a fiocchi di neve d’inverno, / allora non un altro mortale sarebbe entrato in contesa con Odisseo. / Allora non guardavamo ammirati l’aspetto di Odisseo!» (vv. 219-224).
Grazie alla sua capacità di parlare Ulisse è considerato il prototipo del seduttore intellettuale da ovidio, Ars amatoria, 119-124: Iam molire animum, qui duret, et adstrue formae: / Solus ad extremos permanet ille rogos. / Nec levis ingenuas pectus coluisse per artes / Cura sit et linguas edidicisse duas. / Non formosus erat, sed erat facundus Ulixes, / Et tamen aequoreas torsit amore deas, «Rinforza da subito lo spirito, che durerà, e aggiungilo all’aspetto: / quello solo rimane fino ai roghi finali. / E non sia superficiale la preoccupazione di coltivare la mente / attraverso le arti liberali e di imparare le due lingue. / Non era bello Ulisse, ma era bravo a parlare, / e tuttavia fece torcere d’amore le dèe del mare».
Cfr anche Schopenhauer (Parerga e paralipomena II, cap. 23, Sul mestiere dello scrittore, 283):
La maschera più resistente è quella della incomprensibilità [...] e ha raggiunto finalmente il suo vertice con Hegel: e sempre con esito fortunatissimo. Eppure non vi è nulla di più facile che scrivere in modo che nessuno possa capire; come, invece, nulla è più difficile che esprimere pensieri significativi in modo che ognuno debba comprenderli. [L’astrusità è parente dell’assurdità, e ogni volta è infinitamente più probabile che essa celi una mistificazione piuttosto che una qualche intuizione profonda]. La reale presenza dello spirito rende tutti i suddetti artifici superflui [...]
Scribendi recte sapere est et principium et fons
La semplicità è sempre stata un indice non soltanto di verità, ma altresì di genialità. Lo stile riceve bellezza dal pensiero[...] Perciò la prima regola, e forse l’unica, del buono stile, è che si abbia qualcosa da dire [...] Una caratteristica di costoro è anche che, se possibile, evitano tutte le espressioni decise, onde, poter, eventualmente, tirare la testa fuori da laccio: per ciò scelgono in tutti i casi l’espressione più astratta [...] una costante paura per tutte le espresssioni definite […] Nel discorso di un uomo d’ingegno troviamo in ogni parola, come in ogni pennellata, un’intenzione specifica; dove manca l’ingegno, tutto è approntato in modo meccanico. * [...] la testa superiore crea ogni frase appositamente per il caso specifico. Se è vero che bisogna possibilmente pensare come uno spirito grande, bisogna invece parlare la stessa lingua che parlano gli altri […] Colui che scrive in modo affettato somiglia a colui che si mette in ghingheri per non essere scambiato e confuso col volgo; è questo un pericolo che il gentlemen non corre mai [...] così lo stile prezioso rivela la testa volgare. Nondimeno è sbagliato voler scrivere proprio come si parla. Piuttosto, ogni stile di scrittura deve rivelare una certa affinità con lo stile lapidario, che è infatti l’antenato di tutti gli stili […] L’oscurità, la mancanza di chiarezza nell’espressione è sempre e dovunque un sintomo assai brutto. Poiché in novantanove casi su cento essa deriva dalla mancanza di chiarezza nel pensiero[...] Quando in una testa sorge un pensiero giusto, cerca subito la chiarezza e la raggiungerà ben presto […] Se uno ha da comunicare una cosa giusta, si sforzerà di parlare in modo non chiaro oppure in modo chiaro? […] Ogni parola superflua agisce proprio in modo contrario al suo scopo [...] Bisogna fare risparmiare al lettore tempo, sforzo e pazienza [...] Qui trova la sua giusta applicazione il detto di Esiodo πλέον ἥμισυ παντὸς. In generale non occorre dire tutto [...] La verità quando è nuda è più bella, e l’impressione che essa fa è tanto più profonda quanto più semplice ne è l’espressione [...] bisogna evitare ogni ornamento retorico non necessario [...] bisogna industriasi per uno stile casto [...] non bisogna mai sacrificare la chiarezza, e tanto meno la grammatica, alla concisione […] L’introduzione della misera grammatica [...] e non, come opinano certi gretti puristi, l’introduzione di singole parole straniere. queste vengono assimilate e arricchiscono la lingua […] I segni di interpunzione tipografici vengono trattati, infatti, come se fossero d’oro […] Non bisogna dunque contrarre parole e forme linguistiche, bensì ingrandire i pensieri: come un convalescente potrà riempire di nuovo i suoi vestiti non facendoli restringere bensì riacquistando la sua prestanza».
Come amava ripetere Schopenhauer, ἁπλοῦς ὁ μῦθος τῆς ἀληθείας ἔφυ.
Si tratta di un verso (469) delle Fenicie di Euripide: «il discorso della verità è semplice per natura»; i versi che seguono (470-472) recitano così: κοὐ ποικίλων δεῖ τἄνδιχ’ ἑρμηνευμάτων· / ἔχει γὰρ αὐτὰ καιρόν· ὁ δ’ ἄδικος λόγος / νοσῶν ἐν αὑτῷ φαρμάκων δεῖται σοφῶν, «e ciò che è giusto non ha bisogno di intricate interpretazioni: / ha in sé ciò che è opportuno; il discorso ingiusto invece / avendo il vizio dentro di sé ha bisogno di espedienti sofisticati». Seneca li cita (Epistulae, 49, 12): ut ait ille tragicus, “veritatis simplex oratio est”, ideoque illam implicari non oportet; nec enim quicquam minus convenit quam subdola ista calliditas animis magna conantibus, «come dice quel famoso tragico, “il discorso della verità è semplice”, e quindi non è il caso di complicarlo; e infatti non c’è alcuna cosa che convenga meno di questa furbizia subdola agli animi che si preparano a grandi imprese». Del resto etiam sine ratione ipsa veritas lucet, «anche senza spiegazioni la verità da sola splende» (Seneca, Epistulae, 94, 43).
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