ὅσας μὲν οὖν εἴληφα, δεσμίους χέρας
σῴζουσι πανδήμοισι πρόσπολοι στέγαις·
ὅσαι δ' ἄπεισιν, ἐξ ὄρους θηράσομαι,
[Ἰνώ τ' Ἀγαυήν θ', ἥ μ' ἔτικτ' Ἐχίονι,
Ἀκταίονός τε μητέρ', Αὐτονόην λέγω,] 230
καί σφας σιδηραῖς ἁρμόσας ἐν ἄρκυσιν
παύσω κακούργου τῆσδε βακχείας τάχα.1
1 226-232: «Dunque quante ho catturato, con le mani legate / le sorvegliano nelle carceri pubbliche i servitori; / quante invece sono assenti, le stanerò dalla montagna, / [Ino e Agave, che mi partoriva a Echione, / e la madre di Atteone, Autonoe dico,] / e dopo averle legate in lacci di ferro / le farò smettere in fretta da questo infame baccanale».
226 – εἴληφα: perfetto di λαμβάνω. δεσμίους χέρας: accusativo di relazione.
229-230: l’elenco dei nomi può sembrare superfluo e ha fatto pensare a un’interpolazione. Tuttavia anche se non si accorda con il gusto moderno, i versi hanno una loro funzione drammatica: Penteo alimenta la sua rabbia col pensiero che le donne della sua famiglia sono tra le colpevoli. Inoltre la menzione di Atteone come suo cugino prepara il parallelo dipinto da Cadmo (vv. 337 sqq.) tra l’empietà di Penteo e quella di Atteone. Inoltre la famiglia di Cadmo è una creazione artificiale, presumibilmente di un poeta tebano, e una parte del pubblico poteva non avere molta dimestichezza con i rapporti di parentela.
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