Machiavelli riprende il ragionamento di Polibio quasi pedissequamente nei Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio (I, 2) per poi concludere, correggendolo, così:
«E questo è il cerchio nel quale girando tutte le republiche si sono governate e si governano: ma rade volte ritornano ne' governi medesimi; perché quasi nessuna republica può essere di tanta vita, che possa passare molte volte per queste mutazioni, e rimanere in piede».
Tacito aveva polemizzato con Polibio sulla “costituzione mista”, per poi declinare il concetto di “ciclo” in chiave economico-sociale:
Annales, IV, 33
Nam cunctas nationes et urbes populus aut primores aut singuli regunt: delecta ex iis et consociata rei publicae forma laudari facilius quam evenire, vel si evenit, haud diuturna esse potest.
«Infatti tutte le nazioni e le città le governano il popolo o i maggiorenti o degli individui singoli: quella forma di stato scelta tra queste e derivante da una loro alleanza è più facile che sia oggetto di lode piuttosto che di realizzazione, o se anche si realizza, non può essere duratura».
Annales, III, 55
nisi forte rebus cunctis inest quidam velut orbis, ut quem ad modum temporum vices ita morum vertantur.
«a meno che forse in tutte le cose non ci sia come una sorta di ciclo, in modo che, come quello delle stagioni, così si volge l’alternarsi dei costumi».
Leggiamo come commenta questa ultima considerazione di Tacito Santo Mazzarino (Il pensiero storico classico, III, 7, 1, pag. 82)
«L'idea tacitiana del «ciclo» economico dal 30 a.C. al 68 d.C. è, in fondo, un nuovo dono del pensiero filosofico alla storiografia antica: all’«anaciclosi» polibiana, che si applicava alle forme costituzionali, si aggiunse così un similare concetto di orbis, applicato all'economia. Questo concetto del luxus senatorio stroncato (com'egli dice nel passo degli Annali che citammo: III 55) dall'avvento, nel 69 d.C., di una borghesia «pecuniosa» ma parca, basterebbe a fornire taluni elementi essenziali per una storia sociale del periodo dal 69 d.C. — l'anno di Galba, Otone, Vitellio — fino a tutta l'età flavia: del periodo, insomma, che Tacito aveva trattato nelle Historiae. L'avvento di quella 'borghesia', destinata in qualche caso ad entrare nelle classi dirigenti, è per il Tacito di quel passo degli Annali un fatto senz'altro positivo, l'inizio appunto di un nuovo ideale etico-economico nell'orbis delle vicende umane».
All’idea di «ciclo» si può accostare quella di eterno ritorno formulata da Nietzsche; vediamone alcuni passi:
Così parlò Zarathustra. Parte terza.
Il convalescente. 2 Il centro è dappertutto. Ricurvo è il sentiero dell’eternità… ecco, tu sei il maestro dell’eterno ritorno -, questo ormai è il tuo destino!
Crepuscolo degli idoli, Quel che devo agli antichi
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Fui il primo che… considerai seriamente quel meraviglioso fenomeno chiamato col nome di Dioniso: esso è spiegabile unicamente sulla base di un eccesso di forza… Se si cerca il contrario, si veda la quasi esilarante povertà d’istinto dei filologi tedeschi, quand’essi giungono in prossimità del dionisiaco… Che cosa si garantivano i Greci con questi misteri? La vita eterna, l’eterno ritorno della vita… il trionfante sì alla vita… la vita vera, come sopravvivenza collettiva attraverso la procreazione, attraverso i misteri della sessualità. Perciò il simbolo sessuale fu per i Greci il simbolo in sé… Nella dottrina dei misteri il dolore è santificato… Affinché esista il piacere del creare, affinché la volontà di vita affermi se stessa eternamente, deve esistere eternamente anche il «tormento della partoriente».
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La tragedia… Il dire sì alla vita persino nei suoi problemi più oscuri e più gravi, la volontà di vivere che, nel sacrificio dei suoi tipi più elevati, si allieta della propria inesauribilità – questo io chiamai dionisiaco, questo io divinai come il ponte verso la psicologia del poeta tragico. Non per affrancarsi dal terrore della compassione, non per purificarsi da una pericolosa passione mediante un veemente scaricarsi della medesima – come pensava Aristotele – bensì per essere noi stessi, al di là del terrore e della compassione, l’eterno piacere del divenire – quel piacere che comprende in sé anche il piacere dell’annientamento. E così io torno a toccare il punto da cui una volta presi le mosse – la Nascita della tragedia è stata la mia prima trasvalutazione di tutti i valori… io, l’ultimo discepolo del filosofo Dioniso – io, il maestro dell’eterno ritorno…
Nietzsche stesso commenta quest’ultimo passo del Crepuscolo degli idoli in Ecce homo (La nascita della tragedia, 3):
In questo senso io ho il diritto di considerarmi il primo filosofo tragico… Prima di me non esisteva questa trasposizione dell’elemento dionisiaco in pathos filosofico: mancava la saggezza tragica – ne ho cercato invano un qualche segno perfino nei grandi Greci della filosofia, quelli dei due secoli prima di Socrate. Mi è restato un dubbio per Eraclito… L’affermazione del flusso e dell’annientare, che è il carattere decisivo di una filosofia dionisiaca, il sì al contrasto e alla guerra, il divenire, con rifiuto radicale perfino del concetto di «essere» – … La dottrina dell’«eterno ritorno», cioè della circolazione incondizionata e infinitamente ripetuta di tutte le cose – questa dottrina di Zarathustra potrebbe essere già stata insegnata da Eraclito.
Infine troviamo il concetto di «ciclo» anche in Seneca (Epistulae, 36), come consolazione della morte:
11. Aequo animo debet rediturus exire. Observa orbem rerum in se remeantium: videbis nihil in hoc mundo exstingui sed vicibus descendere ac surgere.
«11. Con tranquillità deve uscire dalla vita chi è destinato a ritornare. Osserva il ciclo degli eventi che ritornano in se stessi: vedrai che niente in questo mondo si estingue ma a turni tramonta e sorge».
P.S.
Nella sezione «Pagine» si trova il percorso completo.
Ottimo !
RispondiEliminaGrazie!
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RispondiEliminaGrazie Margherita! Un abbraccio
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